teatro

“Il bandito di Montelepre”: apprezzabile pièce su Salvatore Giuliano

MESSINA – Anche il messinese “Teatro dei 3 Mestieri” ha ben portato a compimento la nutrita rassegna 2023/2024 “Mi presento così,” nel segno della più elevata qualità, entro cui può agevolmente allocarsi la pregevole rappresentazione andata in scena la settimana scorsa (venerdì/domenica). Performance in versi, tratta da “La vera storia di Salvatore Giuliano” dell’eccelso Ignazio Buttitta, è stata magistralmente interpretata da Alessio Bonaffini, con il fondamentale apporto di Vittoria Micalizzi, che ha intonato con maestria melodie e suonato la chitarra classica e altri piccoli strumenti d’accompagnamento.

Certo è che la  narrazione portata in scena non riprende, atteso il modello di riferimento realizzato nel 1963,quello  buttittiano, le ricostruzioni, precedenti e postume intorno a Giuliano,  che nei decenni successivi alla sua morte  sono state ipotizzate a più voci, come quella già portata sul grande schermo per la prima volta nel 1962 con la regia di Francesco Rosi, anche voce narrante, nel lungometraggio d’inchiesta in bianco e nero, premiato con l’Orso d’Argento al Festival di Berlino per il Miglior Regista, titolato con rimando alle generalità del bandito in parola, e interpretato, fra gli altri, da Frank Wolf, Salvo Randone e Massimo Mollica.

Uno spettacolo di valore intorno all’ancora irrisolta figura di Giuliano

Il personaggio e l’uomo Giuliano sono ad oggi in attesa di conformi vedute o quantomeno similari a grandi linee, posto che la raffigurazione storico letteraria e performativa (cinematografica e teatrale) ancora ai nostri tempi oscilla fra la tradizionale configurazione di figura meramente brigantesca (pur nelle differenti accezioni in cui la descrizione del brigantaggio si muove) e quella ammantata invece di eroismo e che evidenzia in ogni caso anche come Giuliano sia stato alla mercè di pezzi collusi del giovane Stato post- unitario e di componenti dell’universo mafioso.

I due interpreti, dietro i rispettivi leggii, in perfetta sintonia, si sono alternati nella resa dello script sulla “vera storia” a mezzo lettura drammatizzata della ballata buttittiana, impreziosita dal canto, con consone sonorità.

Buttitta si era voluto discostare dalle configurazioni dei cantastorie siciliani di quegli anni, che proseguivano nella rappresentazione della figura di Giuliano concepita quale rivolta dei deboli sullo Stato, dei diseredati sugli abbienti, e, per dirla con Sciascia, e nella specie con riferimento alla Sua nota riportata in Sellerio Editore 1997, dalla narrazione traspare la storia umana e per così dire poetica di Buttitta, la Sua ideologia e coscienza civica.

I termini generalmente adoperati per riferirsi a Giuliano, quali “Bandito Giuliano”, “Bannera”, “Re di Montelepre”, danno perfettamente conto della popolarità – quasi leggendaria – della figura di “Turiddu”, nato da una famiglia contadina, in quel di Montelepre (PA) il 16 novembre 1922, da Salvatore e Maria Lombardo, e morto, a Castelvetrano (Tp) il 5 luglio1950 per mano, come sembra, del cugino Gaspare Pisciotta, per questo processato e incarcerato, con esiti anche per lui infausti.

A Giuliano comunque deve attribuirsi quantomeno la corresponsabilità della strage di Portella della Ginestra, il primo maggio 1947, ed egli, già fuorilegge nel dopo guerra siciliano e arruolato nel movimento indipendentista – per conto del quale aveva fondato un esercito con il fine ultimo di staccare la Sicilia dal resto d’Italia – trovò poi tragico epilogo, dopo una vita tumultuosa, venendo rinvenuto riverso al suolo nel cortile di una abitazione privata.

L’opera cinematografica “Il Siciliano”, con la regia di Michael Cimino, del 1987, pone, ancora, il focus, con metodologia biografico-agiografica, sul nebuloso personaggio che, addirittura, nel già citato film di Rosi-in uno documentaristico e di fiction- non appare mai singolarmente e in primo piano, essendosi in tal guisa voluto porre l’accento sugli effetti delle sue “gesta” sulla cittadinanza e sul lavoro di ricerca votato al ritrovamento di un soggetto irrintracciabile.

La vicenda di Giuliano, dunque, quale pezzo fondamentale nei torbidi rapporti Stato-Mafia, finito cadavere per essere stato scomodo testimone della corruzione di un governo fantoccio, in queste altre menzionate ricostruzioni.

La “mise en scene” odierna, si è detto, riprende il bel testo di Buttitta, una sorta di organico insieme di fotogrammi poetici, a partire dalle fasi temporali successive del primo dopoguerra di una martoriata Sicilia, con il banditismo ancora tragicamente imperante, senza accenno alla tesi che il protagonista sia stato oggetto di manovre ingombranti ad opera mafiosa e politica.

Si diceva come residui allora una vita e una morte senza sfumature, in nera pece” tout court”, al di là di quello che in tempi successivi fu inquadrato quale segreto di Stato, una fattispecie resa senza retorica, ma capace di far riflettere e interrogare le coscienze, su Salvatore Giuliano che da anima criminale dell’indipendentismo dell’Isola, diviene poi corpo del reato.

Il realismo caratterizza i bei versi di Buttitta, dai quali mai traspare la figura di un eroe, comunque però da morto ritratto con una certa pietas.

In conclusione…del Robin Hood dei poveri (dei contadini), alfiere dell’indipendenza sicula, o addirittura mafioso, al soldo certo, anche dei servizi segreti, figura densa di sfaccettature, che irradia misteri indicibili, di tutto questo  non si rinviene traccia. Un bandito senza scrupoli soltanto, rimanendo comunque l’opera, rappresentata classicamente, ben riuscita, quasi di stampo paragonabile a istantanee fotografiche, costruita come è stata per il cantastorie Ciccio Busacca, con genesi a far data dalla venuta al mondo di Giuliano, passando ai traffici clandestini nel corso del secondo conflitto bellico, nel 1943, dopo lo sbarco americano, a S. Giuseppe Jato, degenerati in conflitto a fuoco con una pattuglia di carabinieri e guardie campestri. Forze dell’ordine che gli avevano contestato inflazione delle norme annonarie, con confisca del carico, con conseguente morte di un carabiniere e latitanza dello stesso Giuliano, durante la quale viene perpetrata, nel mese di dicembre dello stesso anno, uccisione di un altro carabiniere; nel 1944, poi, insieme alla costituita banda armata, la procurata evasione di parenti e amici rinchiusi nella struttura carceraria di Monreale, e, di poi, rapine e sequestri di persona, riuscendo a mantenersi sempre in condizione di libertà.

Una scena essenziale e meritati applausi

Assoldato nell’ottobre del 1945 dall’Esercito volontario indipendentista siciliano, in adesione alla causa, ottiene i galloni di colonnello e la promessa di finanziamenti alla sua banda; seguono assalti a caserme e ingerenza politica nelle elezioni per l’Assemblea Costituente e al referendum istituzionale con copertura dei proprietari latifondisti.

Ma ecco giungere il “processo di normalizzazione” che conduce a altri quadri di riferimento politico, a seguito del 1947 con la strage di Portella della Ginestra.

E poi l’offensiva di Bellolampo e la defezione di molti seguaci di Giuliano con la regia del Colonnello dei Carabinieri Luca.

Una scena, infine, di composizione volutamente essenziale, dominata dal colore rosso dei teli ricoprenti due punti d’appoggio meramente funzionali alla allocazione di oggetti in funzione servente rispetto alla piece.

Un plauso, in conclusione, come peraltro da meritati applausi, prolungati, resi dal numeroso pubblico presente.