REGGIO CALABRIA – Un Consiglio regionale partito in forte ritardo e a passo di lumaca, dopo un’inversione all’ordine del giorno, è riuscito ieri sera ad approvare innanzitutto l’assestamento di bilancio da 52 milioni di euro.
La seduta d’Assemblea era partita col cordoglio e un minuto di silenzio per le vittime della sciagura a Ischia.
A seguire, la presa d’atto delle dimissioni rassegnate il 21 novembre scorso dal neosenatore e segretario regionale del Pd Nicola Irto. Solo in séguito arriveranno i passaggi formali che – vista la rinnovata sospensione di Giovanni Muraca, primo dei non eletti dèm, ai sensi della “Severino” dopo la condanna anche in appello nel “processo Miramare – porteranno alla surroga con Antonio Billari, già con un’esperienza in Consiglio regionale.
Poi l’inversione all’ordine del giorno proposta dall’udiccino Giuseppe Graziano e l’articolato dibattito sulla manovra finanziaria ad “aprire le danze”.
Anche con significativi punti di convergenza: è bipartisan, per esempio, l’emendamento con cui 1 milione 900mila euro sono stati destinati al pagamento di un paio di stipendi ai lavoratori del Consorzio di bonifica di Trebisacce e di qualche altro organismo consortile fra i tanti vacillanti dal punto di vista finanziario, anche se il capogruppo dèm Mimmo Bevacqua aveva proposto lo storno d’altre somme per rendere più massiccia la ciambella di salvataggio a operatori non pagati da lunghi mesi.
E in più l’opposizione punta l’indice per i residui attivi da scandagliare e per un contenzioso da arginare.
C’è in manovra anche la restituzione di un avanzo d’amministrazione del Consiglio regionale da 13 milioni 300mila euro: una sorta di contromossa, in tema di costi della politica, rispetto alle accuse formulate dal centrosinistra al momento dell’ipotizzato varo del “consigliere supplente”.
A seguire, l’approvazione della legge sulla cremazione: tipico provvedimento bipartisan, strettamente sulla scorta della normativa nazionale.
Articolato che – come esposto in relazione dalla forzista Katya Gentile – prevede tra l’altro anche la possibilità di tumulare l’animale domestico insieme al suo padrone e la clausola d’invarianza finanziaria per la Regione. Ferdinando Laghi (de Magistris Presidente) ha comunque optato per l’astensione: e questo da un lato proprio per l’invarianza finanziaria, che in pratica “scarica” ogni onere sui Comuni – spesso già in gravissime difficoltà finanziarie –, e soprattutto per il ritenuto impatto ambientale derivante dai processi di combustione, che producono gas climalteranti.
Ok agevole anche all’Osservatorio regionale contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro. In relazione, lo stesso presidente Filippo Mancuso ha evidenziato come l’organo non determini esborsi in capo all’Ente e abbia natura consultiva e di monitoraggio su fronti come le condizioni di salute e sicurezza, il mobbing, le discriminazioni d’ogni tipo. Sarà composto da professionisti del mondo giuslavoristico, sindacale e delle Amministrazioni centrali e regionali; entro il 31 marzo d’ogni anno fornirà un report annuale al Consiglio.
Tra le obiezioni avanzate dalla minoranza quella di Amalia Bruni, il cui “no” – come esposto in Aula – va ricondotto principalmente alla preesistenza d’organismi con funzioni analoghe come Azienda Calabria Lavoro, «che ha tra le proprie funzioni quella d’osservatorio sul lavoro», l’organismo paritetico Regione-sindacati e l’apposito Settore del Dipartimento regionale Lavoro e Welfare. Altri come Raffaele Mammoliti (Pd) hanno ugualmente votato “sì”, pur condividendo la considerazione sul sostanziale “doppione” messo in campo.
Ancor più radicale la critica dell’ex candidata alla Presidenza per il centrosinistra sugli organismi in materia di controlli interni: «Incarnano solo uno sperpero di denaro, per l’Ente non c’è alcun beneficio», ha tuonato la Bruni, contestando – anche in questo caso – la sterile, dannosa creazione di (costosi) “doppioni”.
La legge è stata comunque rapidamente approvata a maggioranza.
È a questo punto che “si scatena l’inferno”, con le proposte modificative della legge anti-‘ndrangheta sulle quali il centrodestra aveva operato uno “strappo”; anche clamoroso, considerata la particolare natura ‘ecumenica’ e legalitaria di norme di questo tipo.
E infatti, immediatamente dopo la relazione di Giacomo Crinò, capogruppo di Forza Azzurri a Palazzo Campanella – che ha chiarito fra l’altro come varie altre Regioni abbiano legiferato in materia in modo analogo – sono arrivate le contestazioni del capogruppo pentastellato Davide Tavernise: l’articolato per il M5S rappresenta «un passo indietro nella lotta alla ludopatia», in quanto gli interventi su fasce orarie e “aree di rispetto” rispetto ai luoghi “sensibili” marciano in direzione opposta rispetto a quella di tutela per i soggetti “a rischio”.
Conseguenze economiche spesso disastrose e dipendenza patologica spesso indotta dal gioco sono motivazioni ricorrenti nel “no” preannunciato da altri oppositori come Ferdinando Laghi e Amalia Bruni, che ha ricordato come su base annua i calabresi siano arrivati a spendere 2 miliardi di euro (cioè mille euro pro-capite) nel gaming, e ha scandito come la normativa proposta assecondi semmai «le devianze» e gli interessi economici delle aziende fornitrici dei sistemi di gioco.
Bruni ha poi chiesto il voto per appello nominale: mossa “letale”, viste le ampie assenze sui banchi del centrodestra. E un gesto che ha creato la bagarre in maggioranza, con tentativi di vario tipo d’impedire la constatazione – inevitabile – della mancanza del numero legale.
L’esito è stato lo scioglimento della seduta, salutata più che positivamente da Antonio Lo Schiavo: «È stata una prova di forza e unità dell’opposizione – ammette l’esponente di de Magistris Presidente – che ha costretto la maggioranza a rinviare la proposta di modifica della legge anti-‘ndrangheta, con particolare riferimento alle regole di gestione delle sale slot. Alla richiesta d’appello nominale, di fronte all’evidente mancanza del numero legale, la maggioranza ha reagito con enorme nervosismo, provando a forzare la procedura e andare comunque al voto. Ne sono seguiti attimi concitati, nel corso dei quali ho chiesto con forza il rispetto delle regole statutarie e l’affermazione del principio di coerenza con quanto previsto dal regolamento». Differito, così, l’esame di quello che Lo Schiavo definisce un provvedimento «che avrebbe conseguenze nefaste sul fronte della lotta alle ludopatie, oggi emergenza economica e sociale della nostra regione. Mi auguro che la maggioranza in questo frangente rifletta fino in fondo e ritiri definitivamente la norma».