MESSINA – Riceviamo e pubblichiamo un commento del giornalista Gianni Spartà che, con ironia, chiede al Comune di prendersi carico, tra le tante emergenze, anche delle zone di Rodia e altri villaggi frequentati in estate, tra strade spesso pericolose e annosi problemi strutturali.
Raccontano che in visita pastorale a Marmora due estati fa, il neoeletto deputato regionale (S)Cateno De Luca si sentì chiedere da un villeggiante: “Sindaco, ma lei com’è arrivato qui?”. E quello: “Con un drone”. Elementare Watson. Avesse detto ch’era arrivato in macchina “dal fiume” – così fan tutti – si sarebbe dato la zappa sui piedi. Volando nell’immaginario da par suo, non se la diede e lasciò di sasso l’interlocutore. Ma subito dopo, tornando serio, spiegò a elettori e no d’avere presente molto bene lo strano caso di Rodia: un luogo metafisico da dove si esce ma non si entra. Un mondo sospeso tra arte d’arrangiarsi e rassegnazione per chi ci abita tutto l’anno, tra inconsapevolezza e pericoli per quanti lo affollano nei mesi estivi: fare il bagno a Rodia, avere casa a Rodia, farsi una pizza e uno struscio a Rodia da una quindicina d’anni a questa parte fa figo. Non chiedeteci perché.
E allora bisogna spiegarlo il mistero buffo dell’uscita senza entrata. Dunque: si esce da Rodia-Marmora percorrendo a senso unico la vecchia strettoia che dalla spiaggia passa davanti alla chiesa per poi salire sulla statale 113. E si entra come capita, scansando i sassi, le buche, i dislivelli di tre torrenti: terre di nessuno per il Codice della strada o meglio letti di fiumare (Marmora, Puccino, Cicerina) che chiamano vie d’accesso se tutto va bene madama la marchesa, ma se succede qualcosa, scatta il distinguo vile: attenzione da qui in poi percorrete un torrente.
L’estate scorsa qualcosa è successo più del solito: decine di piccoli incidenti, soprattutto con moto e motorini, via-vai d’ambulanze, fratture e “malanova” ma all’indirizzo di chi? Comune assente: non fa una piega da dieci anni e non l’ha fatta, dicono, di fronte a una diffida spedita due mesi fa agli uffici tecnici, e al Genio civile, da parte dell’avvocato Santi Bertino del foro di Messina. C’è anche un esposto-denuncia di un turista milanese ai carabinieri di Castanea dopo un incidente. S’è verificato in agosto sul viottolo che, dopo una sterzata da Formula Uno, s’imbocca lato mare poco più avanti della statua di una Madonnina votiva. La quale più di tanto non può intercedere.
Non è bivio, ma uno strapiombo. Non è una strada, ma un nastro d’asfalto residuo dopo le scarnificazioni laterali prodotte dalle piogge. Fatti trenta metri, un cartello dice che inizia il torrente con un nome soave, Cicerina. Morale: fatti vostri. Ma c’è un particolare che rende fastidiosa la questione: nel tratto Rodia-Orto Liuzzo si contano diciotto discese a mare, asfaltate, ben tenute, quasi pettinate e soprattutto sicure. Sono figlie della curiosa “privatizzazione” di antichi sentieri – i nonni le chiamavano “saie” – che dal monte calavano alla spiaggia e viceversa. Queste vie sono cresciute in veste moderna di pari passo con il boom delle ville costruite tra la statale 113 e il bagnasciuga. Ingresso libero a monte, ad uso esclusivo dei residenti, cancello chiuso a valle. Si entra ma non si esce: storia capovolta. Ma con le ossa rotte ne esce il pubblico interesse. Chissà se il successore di Cateno, emulando il maestro, saprà portare il problema nel salotto di Barbara D’Urso?
Gianni Spartà