È il romanzo che lo ha consacrato a livello internazionale. “Le particelle elementari”, pubblicato in Italia nel 1999, racchiude tutta la filosofia di Michel Houellebecq, una visione disincantata e radicalmente realista sulla condizione contemporanea post-moderna. La storia ruota interamente intorno alla persuasione che si stia vivendo una mutazione metafisica. Detto diversamente, la visione del mondo adottata dalla maggioranza sta cambiando. E questo ha in evitabili ripercussioni sul modo di percepire le cose, comprese le relazioni umane e la stessa vita.
Proprio come il cristianesimo cambiò il mondo, e allo stesso modo del materialismo scientista nell’epoca moderna, così oggi ci apprestiamo a un nuovo mutamento metafisico. Il secondo dopoguerra segna lo spartiacque di questa nuova trasformazione. La «civiltà del tempo libero», o «civiltà erotico-pubblicitaria» – entrambe espressioni di Houellebecq – ha cambiato tutto, compresi i ruoli tra i sessi, ora più fluidi e incerti. La morte scompare dall’orizzonte speculativo dell’occidentale, tale che «il pensiero della morte costituisce una sorte di rumore di fondo che si insinua nel suo cervello man mano che progetti e desideri vanno sfumando».
Il senso tragico della morte è del tutto annegato, e la sofferenza cessa di essere significativa, cioè portatrice di una dignità supplementare, come era stato nelle epoche precedenti soprattutto grazie alla riflessione cristiana sulla passione del Cristo. Oggi, infatti, «i sempre più frequenti suicidi di persone anziane finiscono per sembrarci assolutamente logici. […] Nulla, morte inclusa, gli sembra così terribile come vivere in un corpo menomano».
Descrivendo lo stato d’animo di un personaggio, Houellebecq scrive che, «profondamente distaccata dalle categorie cristiane della redenzione e della grazia, estranea alla nozione stessa di libertà e di perdono, la sua visione del mondo aveva un che di meccanico e spietato». Gli avvenimenti, anche quelli più ordinari, diventano radicalmente determinati e spogli di qualsivoglia significato eccedente il loro stesso accadere.
Il culto della giovinezza, esploso soprattutto nel periodo della contestazione sessantottina, diventa pervasivo e opprimente: «In un mondo che rispetta solo la giovinezza», scrive l’autore, «poco a poco gli esseri vengono divorati». La vita quotidiana è ormai scandita e ritmata da «consolidate cerimonie commerciali», dato che le vecchie festività religiose o storiche hanno perso di significato.
Le cosiddette “conquiste civili” come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia e la contraccezione caratterizzano il panorama dell’Occidente dei decenni scorsi. Il giudizio di Houellebecq è lapidario: «Fa un certo effetto osservare come spesso tale liberazione venisse presentata sotto forma di ideale collettivo mentre in realtà si trattava di un nuovo stadio nell’ascesa storica dell’individualismo. Coppia e famiglia rappresentavano l’ultima isola di comunismo primitivo in seno alla società liberale. La liberazione sessuale ebbe come effetto la distruzione di queste comunità intermedie, le ultime a separare l’individuo dal mercato».
Michel Houellebecq descrive minuziosamente il contesto culturale e spirituale dove i suoi personaggi si trovano a vivere. I nonni dei due protagonisti – due fratellastri – erano contadini dediti alla vita rurale, una vita ritmata dalle stagioni naturali; il loro contesto sociale era semplice, e le generazioni precedenti trasmettevano le loro conoscenza alle generazioni successive senza troppi intoppi. «Oggi tutto ciò non esiste più: io sono un impiegato, cosa dovrei trasmettere a mio figlio?» scrive Houellebecq. Continua: «Non ho nessun mestiere da insegnargli, neppure so cosa potrà fare da grande; e, comunque, per lui le regole che ho conosciuto io non saranno più valide, vivrà in un altro universo». E aggiunge: «Accettare l’idea del cambiamento continuo significa accettare che la vita di un uomo sia strettamente ridotta alla sua esistenza individuale, e che le generazioni passate e future non abbiano più alcuna importanza ai suoi occhi. È così che viviamo; e oggi per un uomo avere un figlio non ha più alcun senso».
Tant’è che la madre dei due protagonisti, divenuta ben presto hippy, li aveva abbandonati alle nonne. «Voleva frequentare i giovani, e soprattutto non frequentare i figli, che le ricordavano la sua appartenenza a un’altra generazione», è il giudizio secco di uno dei due figli.
Quando uno dei due si trasferisce in Irlanda, la descrizione che un irlandese fa della propria terra è la seguente: «La gente va meno a messa, da qualche anno c’è molta più libertà sessuale, ci sono sempre più discoteche e antidepressivi. In pratica, lo scenario classico…» Lo scenario classico della post-modernità in pieno cambiamento di paradigma.
Il giudizio più severo di Houellebecq è rivolto all’individualismo sfrenato che si è dispiegato dagli anni sessanta in poi. «La distruzione progressiva dei valori morali nel corso degli anni sessanta, settanta, ottanta e novanta era un processo logico e ineluttabile. Dopo aver esaurito i godimenti sessuali, era ovvio che gli individui liberati dai comuni vincoli morali si rivolgessero verso i ben più ampi godimenti della crudeltà. […] In quel senso, i serial killer degli anni novanta erano i figli naturali degli hippy degli anni sessanta. […] Beatnik, hippy e assassini seriali si accomunavano nell’essere dei libertari integrali, nell’esaltazione dell’affermazione integrale di diritti dell’individuo di fronte a tutte le norme sociali, a tutte le ipocrisie che secondo loro costituivano la morale, il sentimento, la giustizia e la pietà. In quel senso Charles Manson non era affatto una mostruosa deviazione dell’esperienza hippy, bensì il suo logico risultato».
L’umanità di “Le particelle elementari” è un’umanità stanca, un agglomerato di individui senza alcun legame ad unirli, che affoga lentamente ma ineluttabilmente nel nichilismo più assoluto. Nelle parole di Michel Houellebecq, tuttavia, non c’è tristezza o rammarico: si tratta di una descrizione fedele, con leggere note nostalgiche a fare da chiosa, ma senza che queste conducano il lettore verso una interpretazione precisa. Sta dunque alla sensibilità di ciascuno farsi un’idea dell’umanità descritta da Houellebecq – che, in fondo, è anche la nostra, inesorabilmente nostra.
L’epilogo del romanzo è sconcertante: senza rischio di anticipare alcunché, basti sapere che la mutazione metafisica che ha iniziato a consolidarsi dal 1945 e che è descritta abilmente dall’autore trova qui, nell’epilogo, la sua degna conclusione. Fino all’ultima frase del testo: «Questo libro è dedicato all’uomo».