LOCRI – “Nalina non fa altro, anche se a gesti visto che parla solo iracheno, che ringraziarci per quello che finora abbiamo fatto per lei“. È il racconto del primario del reparto di Pediatria dell’ospedale di Locri, Antonio Musolino e il dirigente medico dello stesso reparto Rosanna Lia, dov’è ricoverata la giovane irachena, di soli dieci anni, la più piccola dei superstiti dell’ennesima tragedia in mare, l’affondamento della barca a vela sulla quale si trovava insieme alla sua famiglia e ad un’altra settantina di disperati, una sessantina dei quali spariti nelle acque del mare Ionio a circa 120 miglia dalla costa calabrese e tra loro 26 bambini. “Quello, però, che più ci rattrista e ci fa sentire impotenti – proseguono nel loro racconto il primario del reparto di Pediatria e il dirigente medico – è che chiede in continuazione notizie dei suoi familiari e perché ancora i genitori non sono venuti a trovarla e incontrarla. Per noi – spiegano – è davvero difficile affrontare una situazione del genere. E’ chiaro, comunque, che appena Nalina starà ancora meglio, chi di competenza, non certo noi medici, dovrà cominciare ad affrontare con lei il discorso legato ai suoi familiari”.
La piccola Nalina, insieme ad altri 10 migranti iracheni ed iraniani, si è salvata per essere riuscita ad aggrapparsi alla barca semisommersa, fino a quando è stata recuperata dall’equipaggio di un mercantile ed affidata alla Guardia costiera che ha portato tutti in salvo nel porto di Roccella Ionica. Del gruppo faceva parte anche una donna che però non ce l’ha fatta ed è morta durante il viaggio verso lo scalo calabrese. Le condizioni di Nalina sono notevolmente migliorate ma ancora non sa che i componenti della sua famiglia sono nell’elenco dei dispersi in mare e che, salvo miracoli, difficilmente li potrà rivedere vivi.