di Marco Olivieri
MESSINA – Una città al bivio tra una bellezza da ritrovare e un’enorme bruttezza che la deturpa. Oggi Messina si è appropriata del parco “Aldo Moro”, finalmente. E nelle scorse settimane si è riappropriata di villa Dante. La cura della bellezza, dei paesaggi, dell’ambiente, della natura ha un significato politico. E si deve armonizzare con la necessità che la città, la regione e il sud si dotino d’infrastrutture adeguate. Ma anche la manutenzione e la tutela, in una terra così violentata da scempi edilizi e discariche abusive, ha un senso politico. E la burocrazia comunale, con i suoi nuovi innesti, deve vigilare nei confronti delle imprese che operano nel territorio.
Nel film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana, gli sceneggiatori Claudio Fava, Monica Zapelli e lo stesso regista, ma la sequenza probabilmente è stata ampliata sul set, fanno dire a Peppino Impastato alcune osservazioni significative. Afferma il Peppino nella versione di Luigi Lo Cascio: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità. Si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima. E ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
Di questa rassegnazione a Messina, di questa abitudine alla “grande bruttezza”, si è fatto uso e abuso. Una complicità trasversale tra un mondo ai margini, che a volte continua sporcare perché privato negli anni di ogni visione di futuro, e una borghesia desiderosa solo di tenere pulita la propria casa. E indifferente al degrado della città.
Oggi Messina festeggia il suo gioiello di verde e panorama sullo Stretto. Ma per vincere la partita della bellezza la strada è ancora lunga e passa da una nuova consapevolezza come cittadine e cittadini. Ma anche da una politica che, a tutti i livelli, sappia liberarsi dalla cappa soffocante di chi inquina e calpesta i territori. Pure questo significa liberare Messina.