Politica

Il ponte e le aree degli espropri, rischio paralisi per Messina

MESSINA – Non solo Torre Faro. Il ponte sullo Stretto, come dimostra la pubblicazione dell’elenco dei possibili espropriati, coinvolge l’intera città di Messina. Da Capo Peloro a Mortelle, Contesse, Sperone, Pace, Tono, la Panoramica, Annunziata, Torrente Trapani, viale Europa e viale Italia (con lavori temporanei per la stazione ferroviaria sotterranea). Il tutto senza dimenticare lo spostamento della stazione centrale a Gazzi.

Se aggiungiamo che si tratta di una grande opera fortemente discussa, con parecchi effetti da valutare nel suo rapporto costi/benefici in termini di operazione complessiva, è evidente che l’accelerazione mediatica non aiuta a procedere con una valutazione scrupolosa, libera da condizionamenti. L’analisi dovrà passare, dopo la Conferenza dei servizi del 16 aprile, dalla valutazione d’impatto ambientale e dal via libera del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile). Pareri che non si possono dare per scontati.

Una cosa deve essere chiara: Messina non è in grado di assorbire in tempi brevi tutti i disagi legati ai lavori del ponte. Lo abbiamo già evidenziato: se il “sì” o il “no” alla grande opera è una scelta che va oltre la volontà di chi vive qui, la gestione della tutela del territorio da un’operazione così imponente è un tema centrale. Ancora di più in una città che spesso si blocca per un piccolo cantiere o per un po’ di pioggia. E che ha bisogno di molti anni per fare il necessario passaggio dalla dittatura dell’auto a un nuovo modello di città sostenibile, a misura di pedone e nel segno dei servizi pubblici.

Rimangono i dubbi su “un’accelerazione a passi di gigante”, come l’ha definita il sindaco Basile, che comporta un mutamento notevole nell’organizzazione della città. Persino a livello di giustizia, con i conteziosi per gli espropri, si teme la paralisi. Lo abbiamo scritto di recente: contro la tentazione del governo e del ministro Salvini di cedere allinsostenibile leggerezza della propaganda occorrerà essere più ponderati. Su inquinamento, disagi ed esternalità da pagare, tra passaggi di tir e mutamento del traffico cittadino, bisognerà trovare soluzioni adeguate a una città così complicata in termini di gestione e sicurezza. Pensiamo alle vie di fuga e ai problemi di un territorio messo a dura prova sul piano idrogeologico.

Il ponte e l’alternativa di un modello di sviluppo meno invasivo

In questo contesto, i pareri di valutazione ambientale e del Cipess non possono essere considerati una mera formalità. Ma rappresentano dei passaggi da chiarire con il massimo rigore, al riparo da ogni slogan di una politica che ha bisogno di successi d’immagine e bandierine. Ma non sulla pelle di una città che deve avere un suo modello di sviluppo.

Rimane il dubbio che, per la città dello Stretto, un modello meno d’impatto sul territorio ma legato a più infrastrutture senza il ponte avrebbe potuto, e potrebbe, essere vincente. Infrastrutture stradali, autostradali e ferroviarie e servizi in funzione delle caratteristiche messinesi tra mare e terra: le opere compensative ma senza la grande opera, per usare un paradosso.

A prescindere dal ponte, la Sicilia e il sud devono avere delle infrastrutture europee in tempi certi

Ma anche nel caso in cui si propendesse, dopo mille valutazioni, sul modello ponte, servirebbe un piano straordinario per Messina, sia in termini di ricadute economiche compensative sia di organizzazione della città, nel quadro di un processo necessario di ammodernamento delle infrastrutture di tutto il sud d’Italia. Qualcuno ricorda la questione meridionale, da inserire in un’ottica europea? Una battaglia che un partito nazionale come il Partito democratico, se si libera dal suo passato, dovrebbe fare.

A prescindere dal ponte, la Sicilia e il sud devono avere delle infrastrutture di livello europeo in tempi certi: questo significa avere un progetto per il sud d’Italia. Meridione che potrebbe diventare davvero, con un progetto chiaro in termini economici e sociali, un gioiello per l’intera Europa.

Il Pums e il ponte

Ricordiamo che, in Sicilia, in relazione al ponte, sono previsti 28 chilometri di opere stradali e ferroviarie e la città avrà una trasformazione significativa nei collegamenti, comprese le stazioni metropolitane di Annunziata, Papardo e Viale Europa. Non a caso il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Salvatore Mondello ha parlato di recente dell’esigenza di “governare i processi di sviluppo legati alla costruzione del ponte. L’amministrazione continuerà a collaborare e verificare le strategie di sviluppo in funzione degli interessi della città. Tracciare nuove direttrici infrastrutturali che collegano Messina nord con il centro città diventa centrale per il futuro dell’assetto territoriale. Anche il Pums, il Piano urbano per la mobilità sostenibile discusso in Consiglio, non può essere avulso dal ragionamento attorno alla grande opera”.

Insistiamo: oggi tocca all’amministrazione comunale e alla rappresentanza parlamentare vigilare affinché l’eventuale partenza del ponte non si traduca in un incubo per la città. “Vogliamo essere ascoltati”, dicono i cittadini. La prima necessità è che si venga incontro alle esigenze di un territorio già così provato, ottenendo il massimo in termini di ricadute. Questa è l’attuale posta in palio in relazione a un’eventuale fase di “transizione” che durerà almeno sette anni, nell’ipotesi più ottimistica. O il governo razionale della città o il caos: la terza possibilità non esiste.