Politica

Il ponte e l’incubo di una città invivibile

MESSINA – Ponte “sì” o ponte “no”? Lo “scopriremo solo vivendo”. Il giorno dopo l’audizione dell’amministratore delegato Pietro Ciucci a Palazzo Zanca, di certo, rimangono molti dubbi sulla capacità di una città d’assorbire in tempi rapidi tutte le operazioni propedeutiche all’eventuale realizzazione. Dopo la relazione, in Commissione ponte, degli esperti della società “Stretto di Messina”, una serie d’interrogativi affollano la mente. Se il “sì” o il “no” alla grande opera è una scelta che va oltre la volontà di chi vive qui, la gestione della tutela del territorio da un’operazione così imponente è un tema centrale. Ancora di più in una città che spesso si blocca per un piccolo cantiere o per un po’ di pioggia.

Di conseguenza, la frase chiave ieri è stata questa: “Cercheremo di mitigare i disagi”. Non a caso il sindaco di Messina, Federico Basile, ha sottolineato ai microfoni di Tempostretto: “Dalla cantieristica alla logistica, il ponte è molto impegnativo. La società Stretto di Messina dovrà gestire con delicatezza la questione degli espropri per pubblica utilità, ad esempio. E agli espropriandi dico: comprendo le vostre esigenze. L’opera è faraonica e invasiva. Per questo, al di là dei conflitti ideologici, stiamo puntando ad attenuare i disagi che ne deriveranno. Pensiamo anche alle opere collegate al ponte e allo spostamento in centro città della stazione (prevista nel progetto a Gazzi, n.d.r.)”.

90 giorni per il via libera e la necessità di tutelare il territorio

Ha evidenziato a sua volta l’ad della società “Stretto di Messina”: “Per la valutazione d’impatto ambientale e la conferenza di servizi il tempo è di 90 giorni. Se si rispettano questi tempi previsti per legge, a fine giugno sarà possibile avere il via libera dal Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, n.d.r.). A quel punto, ammesso che arriverà il 30 giugno, inizierà la procedura degli espropri, che non sarà istantanea. Non cacceremo nessuno. La fase realizzativa prevede la redazione del progetto esecutivo e le prime attività sul territorio, ad esempio la bonifica degli ordigni bellici, la parte archeologica, la risoluzione delle molte interferenze. A seguire, nei mesi, le verifiche geotecniche e tante attività prima di vedere alle opera le escavatrici per le fondamenta”.

Rispetto agli slogan e alla propaganda politica, le parole di Ciucci delineano un quadro più realistico. Tuttavia, rimangono i dubbi su “un’accelerazione a passi di gigante”, come l’ha definita il sindaco, che comporta un mutamento notevole nell’organizzazione della città. Persino a livello di giustizia, con i conteziosi per gli espropri, si teme la paralisi. Lo abbiamo scritto di recente: contro la tentazione del governo e del ministro Salvini di cedere allinsostenibile leggerezza della propaganda occorrerà essere più ponderati. Su inquinamento, disagi ed esternalità da pagare, tra passaggi di tir e mutamento del traffico cittadino, bisognerà trovare soluzioni adeguate a una città così complicata in termini di gestione e sicurezza. Pensiamo alle vie di fuga e ai problemi di un territorio messo a dura prova sul piano idrogeologico.

Il ponte e l’alternativa di un modello di sviluppo meno invasivo

In questo contesto, i pareri di valutazione ambientale e del Cipess non possono essere considerati una mera formalità. Ma rappresentano dei passaggi da chiarire con il massimo rigore, al riparo da ogni slogan di una politica che ha bisogno di successi d’immagine e bandierine. Ma non sulla pelle di una città che deve avere un suo modello di sviluppo.

Rimane il dubbio che, per la città dello Stretto, un modello meno d’impatto sul territorio ma legato a più infrastrutture senza il ponte avrebbe potuto, e potrebbe, essere vincente. Infrastrutture stradali, autostradali e ferroviarie e servizi in funzione delle caratteristiche messinesi tra mare e terra: le opere compensative ma senza la grande opera, per usare un paradosso.

Il Pums e il ponte

Ricordiamo che, in Sicilia, in relazione al ponte, sono previsti 28 chilometri di opere stradali e ferroviarie e la città avrà una trasformazione significativa nei collegamenti, comprese le stazioni metropolitane di Annunziata, Papardo e Viale Europa. Non a caso ieri il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Salvatore Mondello ha parlato dell’esigenza di “governare i processi di sviluppo legati alla costruzione del ponte. L’amministrazione continuerà a collaborare e verificare le strategie di sviluppo in funzione degli interessi della città. Tracciare nuove direttrici infrastrutturali che collegano Messina nord con il centro città diventa centrale per il futuro dell’assetto territoriale. Anche il Pums, discusso in Consiglio, non può essere avulso dal ragionamento attorno al ponte”.

In ogni caso, oggi tocca all’amministrazione comunale e alla rappresentanza parlamentare vigilare affinché l’eventuale partenza del ponte non si traduca in un incubo per la città. “Vogliamo essere ascoltati”, dicono i cittadini. La prima necessità è che si venga incontro alle esigenze di un territorio già così provato, ottenendo il massimo in termini di ricadute. Questa è l’attuale posta in palio in relazione a un’eventuale fase di “transizione” che durerà almeno sette anni, nell’ipotesi più ottimistica. O il governo razionale della città o il caos: la terza possibilità non esiste.