di Marco Olivieri
MESSINA – “Totale dissenso”. A Ponte e Libertà, il movimento del senatore Nino Germanà, non è piaciuta la nota dell’Ordine degli ingegneri di Messina. “Serve un’accelerata”, ha sottolineato l’organismo presieduto da Santi Trovato. Dopo le polemiche, lo stesso presidente Trovato ha precisato: “Noi siamo favorevoli alla realizzazione del Ponte! La sua realizzazione rappresenterà una vera svolta per la nostra economia e migliorerà certamente, con il completamento di tutte le opere connesse, anche la percezione di “Area integrata” che fino ad oggi abbiamo avuto dello Stretto. Ne siamo certi. Ma con la stessa “certezza” abbiamo manifestato, con la nota del 3 maggio, perplessità e dubbi sulle molte lacune e criticità contenute nel progetto che entro il 16 giugno dovrebbe essere esitato nella Conferenza dei servizi indetta dal ministero delle Infrastrutture”.
Continua l’ingegnere Trovato: “E non abbiamo poi tanto sbagliato con quello che abbiamo scritto… L’Ad della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, ci conferma che per l’attività di analisi ed elaborazione dati “saranno necessari mesi, non giorni o settimane”. Non siamo stati “facili profeti” ma professionisti che hanno saputo leggere le “carte” e che con scienza e coscienza hanno anticipato quello che sarebbe successo. E aggiungiamo che, se non si attiverà da subito questa attività di analisi, verifica ed elaborazione, trascorrerà ancora “tempo inutile” in chiacchiere prima di avere un progetto realmente cantierebile ed esecutivo del ponte”.
Di conseguenza, l’impressione è che la grande opera, per alcuni “sì pontisti”, sia materia di fede e dunque un dogma. Ovvero, un “principio fondamentale, verità universale e indiscutibile o affermata come tale”, come ricorda la “Treccani”. Insomma, nessuno tocchi il ponte come miraggio e vessillo. Come sogno e ragione di vita. Ne deriva che qualsiasi rilievo, osservazione, analisi delle carte, pure sul fronte dei favorevoli, rappresenta per alcuni un inaccettabile passo indietro. “Credere, obbedire, combattere”, insomma.
Ovviamente, non intendiamo generalizzare. E persone elastiche sul piano mentale si trovano sia sul fronte del “sì”, sia dei “no ponte”. Ma è innegabile che un’opera così “invasiva”, per citare il sindaco Basile, così impegnativa sul piano economico, ambientale, sociale, e sotto ogni aspetto, richiederebbe una capacità d’analisi della politica che oggi non ha. Un dialogo con i tecnici libero da slogan e approssimazioni. Uno sguardo e un pensiero lungo sul futuro del sud, con una rigorosissima analisi costi/benefici.
In ogni caso, non si può accettare la tendenza, dagli anni Ottanta in poi, al fare morire, in modo lento e ineluttabile, una parte dell’Italia così significativa. Il Meridione, con infrastrutture e servizi all’altezza, e con un progetto politico e sociale, può rinascere. Di questo si dovrebbe parlare in vista delle elezioni europee.
Abbiamo alternative al “modello grande opera” senza stravolgere una città già agonizzante? È il momento di far circolare idee e progetti, pensieri e approfondimenti senza verità da accettare a priori. Ecco perché una politica seria dovrebbe esaminare la questione ponte con libertà rispetto all’urgenza del consenso. E affrontare una volta per tutte il declino e la fragilità del sud d’Italia con occhi davvero liberi.
Si potrebbe cominciare dall’ascoltare gli altri, chi vive nei territori, e da studiare e analizzare le situazioni, e i problemi, le risosrse e le potenzialità, con il supporto di esperti. Tra un tweet, un post e un aperitivo elettorale, un po’ di tempo si può trovare. Altrimenti, il voto dell’8 e 9 giugno sarà l’ennesima occasione sprecata.