Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, pubblicato nel 2003, ha ottenuto un tale successo di pubblico da rimanere nella lista dei best seller del New York Times per 117 settimane.
L’opera si concertra sul potere della letteratura, e inoltre racconta, dall’interno, una parte della Storia a cui spesso il mondo occidentale non ha potuto o voluto guardare con chiarezza.
Leggere Lolita a Teheran muove dalla reale esperienza dell’autrice. A causa delle limitazioni imposte dalla Repubblica Islamica, la professoressa Nafisi decide di interrompere il suo insegnamento presso l’Università Allameh Tabatabei. La donna, però, organizza un seminario privato, che si svolgerà nella sua casa, per le sue migliori studentesse. Manna, Nassrin, Mahshid, Yassi, Azin, Mitra e Sanaz continuando il rapporto con Azar Nafisi diventano veri personaggi dell’opera – pur romanzati, avverte l’autrice, in modo da rendere impossibile il riconoscimento delle persone reali per tutelarne la sicurezza.
Se oggi voglio scrivere di Nabokov, è per celebrare la nostra lettura di Nabokov a Teheran, contro tutto e contro tutti. Dei suoi romanzi scelgo quello che ho insegnato per ultimo, e che è legato a così tanti ricordi. È di Lolita che voglio scrivere, ma ormai mi riesce impossibile farlo senza raccontare anche di Teheran. Questa, dunque, è la storia di Lolita a Teheran, di come Lolita abbia dato un diverso colore alla città, e di come Teheran ci abbia aiutate a ridefinire il romanzo di Nabokov e a trasformarlo in un altro Lolita: il nostro.
Leggere Lolita a Teheran si compone di quattro capitoli, dedicati ad altrettanti scrittori: Nabokov, Scott Fitzgerald, Henry James e Jane Austen. Oltre alle riflessioni e i dialoghi sui testi affrontati nel corso del seminario, il libro racconta le vite delle protagoniste.
C’è una differenza sostanziale tra la professoressa Nafisi e le sue ragazze. La donna, nata nel ’48, ha vissuto una parte della propria vita prima della rivoluzione; ha quindi la consapevolezza, a differenza delle più giovani, di cosa significhi essere libere di guidare, lavorare liberamente, vestirsi secondo il proprio gusto, innamorarsi di chi si vuole.
Se sia peggio aver perso la libertà che si è conosciuta o non averne mai goduto è una questione difficile da risolversi; quel che è certo è che il lettore troverà interessante anche la differenza tra i modi con cui le ragazze reagiscono alle oppressioni del regime. Qualcuna non rinuncia all’ironia a qualunque cost, qualcun’altra finge di conformarsi in pieno per non destare sospetti, qualcuna ancora fa di tutto per lasciare il Paese. Naturalmente, ad accomunarle tutte, è la passione per la letteratura.
Solo attraverso la letteratura ci si può mettere nei panni di qualcun altro, comprenderlo negli aspetti più reconditi e contradditori del suo carattere ed evitare così di emettere condanne troppo severe. A di fuori della sfera letteraria, di una persona si riesce a cogliere soltanto la superficie. Ma se si arriva a capire davvero qualcuno, a conoscerlo, non è facile mandarlo al patibolo.
Una delle parti più interessanti di Leggere Lolita a Teheran è il racconto del processo, svoltosi durante le lezioni universitarie, nei confronti de Il grande Gatsby, accusato di immoralità da parte degli studenti legati al regime.
Nel corso dei preparativi per il processo, avevo scoperto che, per quanti sforzi facessi, mi riusciva difficile spiegare a parole le ragioni della mia passione per Gatsby. Continuavo a ripetere ciò che lo stesso Fitzgerald aveva detto del libro: <<È questo il succo del mio romanzo, la perdita di quelle illusioni che danno colore al mondo: così che non importa più se una cosa è vera o falsa, purché partecipi di quello splendore>>. Avrei voluto dire agli studenti che il romanzo non parlava di adulterio, ma della perdita dei sogni. Per me era diventato di importanza vitale che accettassero Gatsby alle sue condizioni, lo lodassero e lo amassero per la sua bellezza straordinaria e tormentata; ma in quell’occasione dovevo essere più concreta.
<<Non si legge Gatsby>> dissi dunque <<per capire se l’adulterio è una cosa buona o cattiva, ma per rendersi conto che il matrimonio, la fedeltà, il tradimento sono questioni molto più complicate. Un grande romanzo acuisce le vostre percezioni, vi fa sentire la complessità della vita e degli individui e vi difende dall’ipocrita certezza nella validità delle vostre opinioni, nella morale a compartimenti stagni…>>.
Nel 1997, Azar Nafisi lascia l’Iran per insegnare negli Stati Uniti. Anche diverse sue ex studentesse si spostano all’estero, ma nel frattempo la situazione in Iran è migliorata: Manna e tutte le altre donne camminano a testa alta, o quasi; il velo è sempre più colorato, la veste sempre più corta, adesso si truccano e passeggiano liberamente con altri uomini che non siano i fratelli, i padri o i mariti scrive l’autrice nell’epilogo di Leggere Lolita a Teheran.
Ma è nella pagina precedente che troviamo un brano che riassume con perfezione la forza di Leggere Lolita a Teheran: <<La mia fantasia più ricorrente è che alla Carta dei Diritti dell’Uomo venga aggiunta la voce: diritto all’immaginazione. Ormai mi sono convinta che la vera democrazia non può esistere senza la libertà di immaginazione e il diritto di usufruire liberamente delle opere di fantasia. Per vivere una vita vera, completa, bisogna avere la possibilità di dar forma ed espressione ai propri mondi privati, ai propri sogni, pensieri e desideri; bisogna che il tuo mondo privato possa sempre comunicare col mondo di tutti. Altrimenti, come facciamo a sapere che siamo esistiti? I fatti concreti di cui parliamo non esistono, se non vengono ricreati e ripetuti attraverso le emozioni, i pensieri e le sensazioni>>.