di Marco Olivieri
MESSINA “Lui si guarda intorno e non ha già più terra dove andare. E a diciott’anni un lavoro non lo cerca più. A diciott’anni un lavoro che gli serve a fare. Se si guarda intorno e non ha già più terra dove andare”, cantava Ivano Fossati nel 1988. Sono passati più di trent’anni e il mondo del lavoro è cambiato decisamente in peggio e il territorio messinese è attraversato da una crisi profonda nel quadro di una rimossa questione meridionale. Messina in crisi, spesso titoliamo. Messina identificata come città degli affittasi, delle chiusure dei negozi, delle poche imprese e della fuga delle nuove generazioni, e non solo, da una realtà metropolitana che non offre prospettive.
Nel frattempo, più di cinquemila messinesi, tra città e provincia, sono in attesa che la Regione siciliana attivi i corsi di formazione e lavoro, con 350 euro d’indennità mensile. E non ci stancheremo mai di ossservare in modo critico le scelte compiute dal governo Meloni in materia di reddito di cittadinanza e del sostegno, davvero carente, a chi è più debole sul piano economico e sociale.
In particolare, oggi pensare al primo maggio significa ripartire dalla nostra splendida, e ancora molto da attuare nei suoi obiettivi, Costituzione. “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, si legge nell’articolo 1. Non a caso il presidente Sergio Mattarella, ieri in Calabria, ha messo in evidenza: “La Festa del lavoro è una festa della Repubblica, che i costituenti hanno voluto fondare proprio sul lavoro. Come disse all’Assemblea Costituente il primo tra i proponenti di questa formula, Fanfani, una Repubblica ‘fondata non sul privilegio, non sulla fatica altrui’ ma sul lavoro di tutti. E’ un elemento base della nostra identità democratica”.
E ancora: “Non si tratta soltanto di un richiamo ai valori di libertà e di eguaglianza – ha aggiunto il presidente della Repubblica – ma dell’indicazione di un modello sociale vivo, proiettato verso la coesione e la solidarietà. Un modello sociale capace di rimuovere, nel corso del tempo, gli ostacoli che sottraggono opportunità alle persone e impediscono il pieno esercizio dei diritti”. E qui si aggancia l’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Le parole di Mattarella risultano in linea con i valori della Carta, ben sintetizzati su questo giornale dal presidente emerito della Corte costituzionale Gaetano Silvestri. Da tempo insistiamo sulla necessità di guardare in faccia la realtà e affrontare al massimo, a tutti i livelli – dall’Europa ai governi nazionali e regionali, il Comune e la Città impreditoriale, i sindacati e le associazioni di categoria – il nodo della crisi economica e l’emergenza occupazione.
Ha sottolineato di recente la Cgil: “Il lavoro è precario e povero. I dati Istat relativi all’occupazione del 2023 segnalano un aumento di occupati, anche in virtù dell’aumento degli attivi. Si registrano 176.000 occupati sul territorio di Messina (107.000 uomini e 69.000 donne), 7.000 unità in più rispetto al 2022. “Non c’è però da gioire – osserva la segretaria della Cgil Messina, Stefania Radici – perché come registra l’Osservatorio Inps sui nuovi rapporti di lavoro, solo il 13,9% viene assunto con un contratto a tempo indeterminato. Il 56,5% dei nuovi assunti nel 2023 ha firmato un contratto a termine, il 22,2% ha avuto un contratto stagionale, il 3,1% in apprendistato, il 2,4% un contratto intermittente e l’1,8% in somministrazione. Il lavoro che si è venuto a creare è un lavoro precario, che non dà la stabilità per immaginare e costruire percorsi di vita autonomi”.
E ancora: “Il lavoro a Messina è un lavoro povero, se consideriamo che il 36,5% dei contribuenti ha un reddito da 0 a 10.000 euro. Oltre la metà dei contribuenti (il 52,7%) ha un reddito da 0 a 15.000 euro. Una povertà economica che spesso inficia la possibilità di avere un’abitazione dignitosa, un ambiente riscaldato o climatizzato, l’accesso alle cure in un sistema sempre più privatizzato, la possibilità di fruire di eventi culturali e sociali, nonché la possibilità di garantire percorsi di studio e formazione ai propri figli”.
Un altro tema sul quale non bisogna smettere d’insistere – Politica dove sei? – ed è paradossale e tragico ricordarlo il primo maggio: le morti sul lavoro. RIleva Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro e ambiente Vega di Mestre: “A fine febbraio 2024 si contano 119 vittime, 19 in più rispetto a fine febbraio 2023. E l’incremento è più che allarmante quando si parla esclusivamente di morti avvenute in occasione di lavoro: +24,7%. Come sempre, poi, oltre ai numeri ciò che colpisce è l’incidenza di mortalità più elevata tra gli over 65 e, come accade negli ultimi anni, anche il dato relativo all’incidenza di mortalità dei lavoratori stranieri. Ancora più che doppia rispetto agli italiani”.
1040 sono i morti ufficiali dichiarati dall’Inail per il 2023 in Italia. Ufficiali perché non dimentichiamo che esiste il lavoro nero. Nel 2023 sono cadute mentre lavoravano 12 persone nel territorio messinese e in questo 2024 Nino Spanò, Mihai Rediu e Salvatore Pipitò. E se “aprile è il più crudele di tutti i mesi”, scriveva il poeta Eliot (“La terra desolata”), come dimenticare l’esplosione in una centrale idroelettrica nel Bolognese? Sono morti sette lavoratori e Sinagra ha reso omaggio a Vincenzo Franchina, 35 anni. Elettricista industriale, era diventato padre da pochi mesi.
Con il cuore anche a Portella della Ginestra, dove il primo maggio 1947 furono uccisi dalla banda Giuliano undici contadini, non smettiamo di rircordare le lotte di lavoratrici e lavoratori. E la loro straordinaria attualità nell’epoca dello sfruttamento globalizzato e di una nuova economia che spesso odora di vecchio. Allora, con il pessimismo della ragione ma l’ottimismo della volontà, buon primo maggio a lettrici e lettori. Che questa ricorrenza sia un monito e uno stimolo a pensare che un altro mondo è possibile.