“La verità è che non stiamo parlando del Ponte di Messina, ma del Ponte sullo Stretto. L’opera non collega l’Italia a Messina, ma l’Europa alla Sicilia, al Mediterraneo. Invece siamo al paradosso che tutti si scandalizzano per un Ponte che costerebbe 3 miliardi con enormi benefici per il territorio, e nessuno si scandalizza per i 7 miliardi del costo della Galleria tra Torino e Lione……”.
Il professor Remo Calzona, docente in pensione di ingegneria civile e tecnica delle costruzioni all’Università La Sapienza di Roma, componente della Commissione Anas per il Ponte e tra i progettisti dall’85 al ’97, chiama in redazione in seguito alla riflessione del no pontista Gino Sturniolo che fa riferimento proprio agli anni che videro il professionista impegnato nell’opera (leggi qui)
“Si è persa un’occasione d’oro nel 2000- spiega Calzona- Il problema, come in tutte le grandi opere in Italia è che ad un certo punto interviene chi pensa solo a poter gestire il potere piuttosto che a costruire. Berlusconi è stato un profetico visionario, ma finì con lasciare spazio a chi era interessato solo a gestire il potere. Tra l’altro, molto spesso, chi gestisce il potere non ha alcun interesse a completare l’opera o ad iniziarla”.
Il professor Calzona non ha dubbi, il Ponte andava fatto. Va fatto anche adesso, partendo dal presupposto che basta seguire l’evoluzione dell’ingegneria e della scienza per comprendere che mentre negli anni ’70 e ’80 poteva apparire come “un’opera straordinaria”, oggi è normale amministrazione “persino banale”. Sono trascorsi 20 anni e da allora ad oggi, mentre in riva allo Stretto si disquisiva, il mondo intero andava avanti e costruiva Ponti ben più complessi di quello di Messina.
“Guardate la Cina, guardate l’India, si è costruito di tutto- prosegue- Nel frattempo si realizzano con maggiore sicurezza e minor costo. L’evoluzione è in tutto non possiamo restare fermi al passato remoto. Lo sviluppo tecnico ha trasformato il Ponte da un’opera straordinaria ad un’opera normale ed a costi contenuti. Però qui si grida allo scandalo mentre per la Tav si mobilitano tutti…..Eppure costa il doppio”.
Il punto per il professor Calzona è lo stesso che ha portato Messina a diventare da porta del Mediterraneo a terra di passaggio, scalzata dal Pireo e da ultimo (a causa delle scelte dell’ex ministro Delrio) da Trieste.
“Il Ponte non serve per arrivare a Messina, non scherziamo, non ne diamo una visione così riduttiva-continua- Serve per arrivare a Catania, per collegare il Mediterraneo. La domanda è: qual è il punto d’arrivo? La risposta è: il Mediterraneo, il Ponte serve per arrivare dall’altra parte del Mediterraneo. Lei lo sa che l’intero pescato del Mediterraneo arriva a Mazara del Vallo e da lì i tir viaggiano per raggiungere Roma, Milano perdendo oltre due ore soltanto a Messina? Lei lo sa in termini economici a quanto equivale un risparmio di due ore? Ed è solo un piccolo esempio”.
Il progettista ricorda di essere rimasto esterrefatto quando ha capito che ad essere contrari ad un’opera che già a quel tempo “era matura”, fossero proprio i messinesi.
“Berlusconi sbagliò dando spazio a chi pensava alla gestione del potere. Prodi comprese che così non si poteva andare avanti. Se progetti un Ponte nel 2000 devi farlo pensando al terzo millennio, non ragionando ancora come nel 1950”
Calzona insiste su questo punto, perché a suo dire i ponti, così come le strade, sono strumenti, sono mezzi, invece vengono visti come fini.
A dare un duro colpo al collegamento tra le due sponde secondo il professore è stata anche la caduta del Muro di Berlino.
“Da quel momento in poi la Germania ha dirottato tutti gli investimenti nell’area dell’est ed ha smesso di guardare nel Mediterraneo. Oggi si sta invertendo la rotta, ma nel frattempo le risorse hanno cambiato direzione”
A proposito di questo aspetto nel corso del convegno organizzato da Rete civica per le infrastrutture a gennaio, Fernando Rizzo ha evidenziato come in 56 anni, dal 1951 al 2007 lo Stato italiano ha investito nelle Regioni del Sud circa 382 miliardi di euro. In soli 17 anni, dal ’90 al 2007, la Germania ha investito per l’unificazione dell’Est mille e 500 miliardi. In sostanza la Germania in meno della metà degli anni ha investito cinque volte in più di quanto l’Italia abbia fatto per il Sud. Mentre noi ancora parliamo di Ponte sì Ponte no, veniamo sorpassati dalla “nuova via della seta” e dal Pireo, ormai “roccaforte” cinese….
“Ripeto, il Ponte si poteva fare allora esattamente come si può fare adesso-conclude Calzona- Con la differenza che oggi i costi sono minori e da opera straordinaria è diventata in tutto il mondo un’opera consuetudinaria, un’opera normale….”
Rosaria Brancato