Il #PonteMorandi ed il #PonteHimera, il #CorridoioHelsinky/Bari e quello Bari/Messina/La Valletta, con #Messina nel #core: il Nord, il Sud, l’Europa ed il confine all’estremo sud dell’impero. Il Piano per il Sud senza la #Sicilia.
In questi giorni, si susseguono notizie che mettono a nudo paradossi che solo noi italiani siamo capaci di creare e sopportare nello stesso tempo. Andiamo per gradi, non possiamo che esultare come paese, come italiani se una grande impresa nazionale è in grado di ricostruire il Ponte Morandi a Genova in tempi record, con l’impiego di tecnologie, materiali e risorse umane senza precedenti per la nostra storia recente. Un risultato che deve riempirci d’orgoglio che premia la capacità dell’impresa italiana in genere, in grado di vincere questa sfida.
Dall’altro lato, invece, dal profondo sud, dalla Sicilia, rimbalza la notizia che i lavori per il rifacimento del Ponte Himera sull’autostrada Palermo Catania, quei 270 metri crollati il 10 aprile dell’ormai lontano 2015, appaiono praticamente come irrealizzabili, intrappolati nelle sabbie mobili della stessa frana che ne ha causato il crollo. Una medaglia con due facce diverse, paradossali ed inaccettabili.
Come può un paese normale affrontare in modo diametralmente opposto e diverso la ricostruzione di una stessa tipologia di opere ? Per carità, chiariamoci subito, nessuno immagini di tirare in ballo le vittime del Morandi, stiamo parlando dei tempi e delle modalità di esecuzione di un’opera pubblica che non possono essere diversi a nord ed a sud, in un paese normale.
Non è un problema di risorse, non è un problema di capacità tecnica ed organizzativa, è soltanto un problema di regole e di procedure. Se il legislatore non mette seriamente mano alle procedure per la realizzazione delle opere pubbliche, il sud muore sempre di più, perché ogni cantiere in corso alle nostre latitudini è l’esatto contrario di quello modello di Genova. Pochi operai al lavoro, orari ordinari, lavori fermi nei fine settimana e durante le ferie. Siamo in piena emergenza e si continua affannosamente a contrastarla con modalità ordinarie, ordinarissime, senza che nessuno riesca mai a riuscire ad accorgersi che qualcosa stia effettivamente cambiando.
Di fronte allo status quo, rimangono difficili ed improbi i tentativi delle donne e degli uomini di buona volontà che a queste latitudini impegnano le loro giornate a cercare di cambiare le cose. Se non verranno al più presto cambiate le regole del gioco, sara tutto inutile. Cambiamo argomento, alcuni giorni fa a Gioia Tauro, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha illustrato il Piano per il Sud del governo nazionale.
Un pannicello caldo (sempre lo stesso da oltre un decennio) che non sarà affatto in grado di incidere presto e positivamente sulla gravissima situazione di sofferenza economica generale (che è sociale ed appare irreversibile) e sull’enorme deficit infrastrutturale che penalizza oltre ogni misura il sud del paese e la Sicilia in particolare. Basti pensare che per tutta la sicilia sono previsti soltanto due progetti: il raddoppio ferroviario della Messina/Catania (opera già prevista da almeno 20 anni) ed il collegamento viario Catania/Ragusa. Nient’altro.
Al contempo, leggiamo da anni ormai della possibilità che all’ormai famoso corridoio europeo TEN – T (acronimo di Trans European Network-Transport) Berlino/Palermo, nel frattempo diventato Helsinky/La Valletta, ci si arrivi in Sicilia e da Bari, via mare. Si perché l’alta velocità ferroviaria sarà prolungata da Napoli a Bari e da Bari il “corridoio europeo”, stando agli annunci governativi, proseguirebbe il suo percorso via mare fino a La Valletta, passando per Messina che diventerebbe porto “core”.
Ebbene, appare evidente che le scelte strategiche del Governo nazionale sono quelle di abbandonare l’idea del collegamento ferroviario stabile che attraversi lo Stretto di Messina, perché diversamente non si parlerebbe di Messina porto “core”.
Due rilievi appaiono evidenti: il primo significa decidere definitivamente che la Sicilia non venga servita dall’alta velocità ferroviaria che, invece consente a tutti i paesi europei di spostare persone e merci in modo veloce ed efficace per tutto il continente. Il secondo che non si riesce a comprendere la stessa funzionalità, se non addirittura la coerenza con i principi del sistema Ten T europeo del porto “core” a Messina., che caratterizza la sua vocazione come porto prevalentemente “passeggeri”, rimanendo i volumi delle merci relative principalmente ai volumi degli idrocarburi movimentati a Milazzo.
Se questo è il quadro, viene fuori una #Sicilia tagliata fuori dagli investimenti infrastrutturali strategici e dell’Area dello #Stretto di Messina che senza la previsione del #Ponte, viene scippata da ogni tipo di centralità e di investimenti pubblici rilevanti. Contenti noi ……
Giuseppe Laface