Cattolico progressista. Uomo delle istituzioni. Impegnato nel mondo sociale e civile. Magistrato che seppe esprimere la sua passione per la politica nel passaggio, per quattro anni, a sindaco di Messina. La morte di Franco Providenti ha acceso i riflettori sul percorso coerente di una vita: dagli inizi come presidente della Fuci, Federazione universitaria cattolica italiana, all’azione nel Tribunale dei diritti del malato e alla guida della Lam, Lega antidroga messinese. Su tutto, nell’immaginario, domina la stagione da prima cittadino dal 1994 al 1998, quando Messina sognava la sua primavera. E furono tanti i segnali di vitalità politica che la città conobbe con l’amministrazione Providenti. E che, con alcuni inevitabili correttivi, avrebbero meritato una seconda possibilità nei quattro anni successivi.
Franco Providenti è stato un uomo delle istituzioni da magistrato e da persona impegnata nel sociale e per alcuni anni in politica. Un esponente di centrosinistra. Non a caso la foto qui in evidenza lo vede con l’allora candidato sindaco Franco De Domenico nel 2022. Ed è stato un messinese convinto che la società civile potesse contribuire a migliorare la nostra città.
Chi ha vissuto quegli anni Novanta può analizzare le speranze disattese di un rinnovamento della politica dopo Tangentopoli e di un rilancio dei partiti. Prevaleva il desiderio di una rigenerazione etica e culturale ma gli strumenti a disposizione erano deboli. Classi dirigenti, pensieri politici, strutture di movimenti e partiti: tutto era fragile e preparava il terreno al vuoto degli anni Duemila. In quel contesto, nella Messina e nell’Italia terremotate dal crollo di Dc e Psi, Providenti e la sua Giunta rappresentavano un passo in avanti verso un’idea di politica come servizio, con tutte le difficoltà di governare un difficilissimo apparato amministrativo.
Così lo ricorda l’avvocato Nicola Bozzo, ex dirigente del Partito democratico di sinistra: “Addio Franco. La tua vita pubblica deve essere o meglio ri-essere illuminata come è giusto. Temo questo tempo senza la passione della memoria. Senza una storia, ciascuno si riduce a una specie di delirante vanità. Ho intrecciato con te anche scorci di vita pubblica. Quando allora trentenne mi volesti al tuo fianco come esperto giuridico nell’ultimo scorcio della tua luminosa sindacatura. Poi nel 2001 fummo assieme (per l’Ulivo, n.d.r.), tu al Senato, io alla Camera in una comune e indimenticabile campagna elettorale per le politiche, in tempo di berlusconismo “imperiale” (vinse la Casa delle libertà, n.d.r.). Mi hai onorato di un affetto filiale del cuore, dove tutto è saldo, certo, irreversibile. I padri non tradiscono. Tutti questi segni li custodisco e continuerò a farlo per il tempo che mi sarà dato”.