MESSINA – “Persefone – Il ritorno”. Per la Sezione “Giusto un sabato”, della odierna Rassegna del Teatro dei Naviganti, il 23 dicembre è stata inscenata ai Magazzini del Sale la performance sulla mitica figura di Persefone, un perturbante monologo scritto e interpretato dalla magmatica Katia Colica, e autodiretto, con il magico suono del basso elettrico di Antonio Aprile a suggello; una produzione “Balenando in Burrasca Reading Festival”, che chiude così la sua programmazione annuale.
Fiumi di inchiostro sono stati spesi sulla fanciulla – donna, figlia della Dea dei raccolti, Demetra e di Zeus, e sposa del Dio degli Inferi, che se la contendono: per volere della somma divinità olimpica (anche per scongiurare la catastrofica carestia in cui la divinità della fertilità aveva fatto piombare la terra, a cagione del rapimento della giovinetta amata) si troverà il compromesso secondo cui Persefone potrà rimanere per sei mesi con la madre e per i restanti in compagnia del nero consorte e se, come da narrazione, in primis per lei è stato tragico sprofondare fra le viscere del mondo, poco a poco è divenuto prima accettabile e comprensibile, poi normale e financo gradevole.
Anche nelle arti visive pittoriche la dea (appellata Proserpina in latino) è stata a più riprese omaggiata e mi piace annoverare, fra gli altri, i dipinti di Luca Giordano e di Frederich Leighton, entrambi titolati “Il ritorno di Persefone”.
In occasione dell’equinozio di primavera la sposa di Ade (Plutone per i romani) ritorna sulla terra per generare di nuovo la luce e il mondo prospera nuovamente di bellezza. Non ha età, l’evocativa dea, in bilico ciclicamente fra le sembianze fanciullesche di Kore e quelle di donna, sposa e padrona di casa: fanciulla quando torna ad essere la figlia tanto amata dalla madre, e matura, con una sua identità sessuale, con il marito: è completa, dunque. Il ritorno ciclico non ha mai fine e Persefone è creatura in perenne trasformazione, fra la fanciulla che dovrà essere in eterno sulla terra e il compito di regnare sull’Oltretomba.
Il mito allude quindi al succedersi delle stagioni e alle sementi che, celate sottoterra in autunno e in inverno, germogliano venendo alla luce in primavera. È questa una delle espressioni più profonde della tradizione mitologica greca, che germina dal mistero della mutazione del nascere e del morire, dei dolori e delle gioie di tutto ciò che vive.
Storia di Persefone quale radicata nel calore solare, che va e viene, e il suo ritorno nel mondo coincide con la rinascita della terra. La “mise en scene” la coglie appena prima della risalita, mentre si rivolge allo sposo, che stenta a lasciarla andare, e ripercorre le comuni memorie, conscia che il m ondo la sta aspettando per l’inizio di un’altra primavera. Le scene sono funzionali alla rappresentazione, con due tavolini ove sono poggiati piccoli monitor con le immagini, riferibili a Gianluca Del Gaiso e Marco Costantino, che scorrono in video e foto, con incursioni di Luca Granata e Loredana Delfino. Una sorta di impalcatura leggera, poi, a simboleggiare una gabbia, ma con il retro aperto, dove per la maggior parte della pièce è posizionata la Colica, una prigione, dunque, ma dalla quale si può uscire…ammesso che lo si voglia.
La voce suadente, monologante, affascina gli astanti, in uno alla presenza scenica forte dell’attrice con la lunga capigliatura fiammante, e colpisce al cuore la scissione fra l’amore materno e quello verso lo sposo oscuro, che pur Persefone si sente di onorare, partecipando alla conduzione del Regno dei Morti….sia pure a tempo. E quella musica dolce e ossessiva al contempo, quasi lugubre, del basso elettrico, che accompagna il racconto della protagonista, impreziosisce di certo la resa dello spettacolo.
Ora che il semestre delle tenebre sta per concludersi, la donna ritrova i gesti e le parole di Demetra, rievocando le magie della vita terrena che la attende, in uno alla trepidante genitrice, già, come ogni anno, ferma alle porte dell’Ade. E si prepara allora a farsi fanciulla: rossetto rosso e una gonna in tulle ricoperta di fiori che dovrà essere indossata, a celare quel nero che la ricopre giù nell’Ade, e sarà pronta ad anticipare la primavera che riporterà e che già pregusta specchiandosi, consapevole però che fra sei mesi dovrà ripiombare fra le viscere della terra. E i bei costumi consoni, riferibili a Domenica Stelitario, ben rendono le contrapposte personalità.
Due esistenze a scadenza, ciclica e perenne, che vedono Persefone ben calata in ambo i ruoli…è sempre comunque una divinità, sulla terra come nell’Ade e costituisce fiera rappresentanza del ruolo femminile nella sua innegabile potenza rigeneratrice.