teatro

Il sogno di “Yerma” – Una sublime rappresentazione nel segno di Garcia Lorca

Il dramma sul desiderio di generare di una sposa che non sembra affatto condiviso dal consorte, dedito, invece, a coltivare il lavoro e gli svaghi e a fare soldi, che troverà un epilogo davvero tragico causato da quella mancata maternità, è una delle opere del 1934 componenti la cd trilogia rurale di Lorca, unitamente a” Bodas de sangre” del 1933 e “La Casa di Bernarda Alba” del 1936”.

L’ossessione causata dalla sterilità, preceduta da una ansia che assale vieppiù per un sogno che si allontana ogni giorno di più dal proprio orizzonte, fino a causare esiti ferali, è storia senza allocazione temporo-spaziale, perché si potrebbe estendere ad ogni epoca e latitudine, pur se l’ambientazione dello script rimanda a una località agreste e a tempi risalenti ai primi anni del secolo breve

L’epilogo infausto ha il senso di mettere infine a morte la speranza di divenire madre…come se Yerma avesse da sé ucciso il figlio, impedendone in assoluto il concepimento.

Fin dal “nomen” Yerma, cioè terra arida, tutto è già compiuto in quella assenza di passione di un matrimonio combinato, che ha generato nella donna solo infelicità, soprattutto a partire dalla negazione del conforto di un bambino che possa sopperire a quella carenza e lenire il suo malessere.

E’ così forte però in senso del dovere e dell’onorabilità da preservare a tutti i costi, che Yerma non ritiene percorribile e da mettere in pratica l’idea di abbandonare il marito Juan, o comunque di avere un figlio con qualcun altro…neanche i sentimenti per Victor, dal consorte poi allontanato dal Paese per gelosia generata dal sospetto di una relazione fra loro, sono in grado di provocare uno scatto, la scelta di reagire e perseguire quel forte anelito di vita e di maternità.

Probabilmente la sterilità è da ricondurre proprio a Juan che, nel tentativo di sublimarla (rendendo fertile la terra di cui è proprietario e che cura) è dedito solo a tale concreta incombenza. Victor, dal canto suo, in rapporto amicale con entrambi gli sposi fin dall’infanzia, pare essere molto vicino per indole sognatrice a Yerma, più che a Juan .Ancora, Maria, l’amica sposata da poco e già in attesa, Dolores, che è depositaria di antiche pratiche pagane che parrebbero generare fertilità in donne sterili; e infine, la Vecchia, con un numero elevato di figli, che suscita per questo l’interesse di Yerma, e ne rappresenta la coscienza, poi le cognate, che dovrebbero sorvegliare la protagonista per conto del loro fratello e le pettegole lavandaie, che simboleggiano ciò che i compaesani pensano di Lei (dalle critiche, alla difesa, fino all’indifferenza).

Di una morale fortemente cattolica è pregna la narrazione, id est l’unione coniugale in vista della procreazione e il preservare il vincolo matrimoniale a qualunque costo. Il mondo pagano è del pari tirato in ballo p attraverso i quattro elementi, dalla terra,con la valenza prima citata, all’acqua, intesa quale espressione di rinascita e di purificazione, ma anche della capacità di fertilizzare la terra, passando per l’aria, che è soffio di vita e libertà, come simbolo della sessualità, fino al fuoco che non è solo inteso quale maschile passione, ma anche quale luce che possa illuminare la verità, e sole che rafforza.…in tal guisa anche le candele che al cimitero durante il rito illuminano Yerma, che scopre la verità sulla famiglia del marito e poi la donna stessa che si sente bruciare dal desiderio.

Tema, questo, dell’ossessione del procreare, in primis femminile, assai irto, di difficile trattazione, intriso come è di quel rimando alla incompletezza e di un deprezzamento rispetto a chi fertile lo è, con connesse frustrazione e isolamento sociale, per senso di inadeguatezza; negli uomini i vissuti derivanti dalla sterilità sono meno esplicitati, più silenziosi, ma provocano incertezza per il futuro e perdita di controllo sull’andamento della propria vita.

La problematica nelle società occidentali è in aumento ed è la risultante di dinamiche assai complesse sotto il profilo biologico, istintuale, culturale, dei condizionamenti sociali e delle esperienze individuali.

La genitorialità, prima desiderata e poi ricercata, è esito di un processo in cui due esseri costruiscono uno spazio mentale e affettivo per la prole che agognano. Certo è che una multifattorialità di cause è alla base della eziopatogenesi della carenza di fertilità.

A 126 anni dalla nascita del grande Garcia Lorca, questa intensa celebrazione è apparsa toccante e perturbante,e attuale, tanto più poiché messa in scena il 12 maggio, nella giornata in cui quest’anno si è festeggiata la figura materna. Su questo accattivante canovaccio l’adattamento di Cucinotta si è mosso lungo le coordinate prefissate dal testo con creatività, senza trascurarne l’essenza.

Magistrali le interpreti,da Elvira Ghirlanda,una assai convincente Yerma in candido bianco nelle prime scene,e poi con indosso un abito rosso bordeaux,alle cd Voci: Maria Pia Bilardo, Gabriella Cacia, Maria Grazia Milito, Chiara Trimarchi, tutte dotate di una superba corporalità e sapiente gestualità, poco distinguibili poiché volutamente omologate ..abbigliate in nero, con gonna plissettata e corpino un po’ diversificato, viso e corpo impregnato di argilla e una sorta di caugoule dorata a celare il capo.

Consulenza vocale di Silvia Bruccini, Assistenza alla regia della condirettrice e anima dei Magazzini, Mariapia Rizzo, misurata Regia del valente Domenico Cucinotta. Una musica registrata di chitarra, evocativa di atmosfere spagnole, ha scandito i momenti topici della piece.

Lo spettacolo , frutto del lavoro di Ricerca del Teatro dei Naviganti condotto da Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo,ha entusiasmato il folto pubblico presente, e scroscianti e prolungati applausi hanno coronato il meritato successo della indimenticabile piece.