E’ sembrata un’impresa a dir poco titanica, avviata nella primavera del 2013 e portata a termine 2 anni dopo quando al ministro Delrio per la riforma delle province di tutta Italia sono bastati pochi mesi.
Ma tant’è, la Sicilia è “speciale” anche per questo. Due anni per partorire la riforma più annunciata e amplificata della storia: l’addio alle Province e la nascita dei Liberi Consorzi e delle Città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina.
Oggi all’Ars quindi il voto finale (nei giorni scorsi sono stati approvati tutti gli articoli e gli emendamenti presentati) per quella che solo la faccia tosta, è il caso di dirlo, dei nostri politici viene fatta passare per una vittoria, per un traguardo.
Vittoria sarebbe stata se la riforma epocale fosse stata approvata nel luglio 2013, nell’autunno 2013, persino nella primavera del 2014, ma far passare per traguardo una norma approvata solo per stanchezza e sfinimento e con la paura che se non si fosse votata il rischio del ritorno alle urne sarebbe stato inevitabile, è francamente una presa in giro per i siciliani.
In ogni caso le ex Province andranno definitivamente in soffitta per lasciare spazio ai Liberi Consorzi tra Comuni, che in sostanza sono la stessa cosa ma è stato cambiato il nome e l’unica cosa concreta è stata l’abolizione della democrazia rappresentativa e delle elezioni. Cancellati consigli provinciali e giunte saranno invece organi di secondo livello a governare il territorio dell’Ente locale intermedio e gestire le competenze e le funzioni affidate con la normativa. Nei prossimi mesi quindi, dopo la pubblicazione della riforma ed il decreto attuativo, saranno i sindaci ed i consigli comunali del singolo Consorzio ad eleggere il Presidente del Libero Consorzio, che a sua volta sceglierà tra i componenti dell’Assemblea la sua giunta. Il presidente del Libero Consorzio potrà essere un sindaco di uno dei Comuni facenti parte della nuova realtà territoriale, scatenando quindi la corsa alle cordate politiche ed alle alleanze per il controllo del Palazzo. Ogni Libero Consorzio potrà comunque, per il mandato successivo, stabilire che si possa procedere per l’elezione del Presidente con una regolare elezione a suffragio universale, quindi di primo livello.
La novità è la nascita delle Città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina che consentirà, nel nostro caso, di provare a “volare alto” come finora non è stato possibile. Lo status di Città Metropolitana consente infatti una serie di opportunità anche sul piano dei finanziamenti che ci auguriamo no vengano sprecate, nonché quel salto di qualità che ci farebbe uscire definitivamente dalla casella di Cenerentola dell’isola. A proposito di Città Metropolitane non sono passati l’emendamento dell’Udc ed uno analogo del Pd, peraltro ampiamente condivisibili, in base ai quali il sindaco della Città Metropolitana sia automaticamente il sindaco della città capoluogo, quindi in teoria Orlando, Bianco e Accorinti. L’idea è quella di far guidare l’amministrazione metropolitana da chi già guida il Comune “leader”, ma la proposta è stata bocciata e si procederà con elezione di secondo livello nell’Assemblea. Saranno quindi i sindaci della Città Metropolitana ed i consiglieri dei comuni a decidere chi sarà il supersindaco (e non è detto che alla fine non sia lo stesso primo cittadino della città capoluogo).
C’è ancora tempo per i Comuni che vogliano costituire un nuovo Libero Consorzio a provare l’iter che lo consente, purchè vi sia il requisito base della continuità territoriale.
Quanto alle funzioni i Liberi Consorzi e le tre Città Metropolitane avranno competenza in materia di servizi sociali, organizzazione del territorio, tutela dell’ambiente, cultura e sviluppo economico, scuole e strade. Uno dei nodi fondamentali è quello del personale perché i nuovi Enti in tre mesi dovranno dotarsi di pianta organica ed il rischio che parte dei dipendenti vada in mobilità è forte. Meno chiara è la situazione delle partecipate. L’obiettivo è chiudere i carrozzoni, ma saranno i passi successivi a stabilire tempi e modi.
La riforma quindi taglia il traguardo dopo due anni (e passeranno ancora alcuni mesi prima che diventi realtà) e se andiamo a rileggerci gli articoli di questi mesi e mesi, non riusciamo a spiegarci il perché di tempi biblici per partorire una norma piuttosto semplice. Nel frattempo i disagi causati ai cittadini ed al personale da una fase di limbo e di casse a secco (il governo nazionale ne ha approfittato per incamerare una serie di somme con la scusa che le Province non esistevano più) sono stati pesanti.
Rosaria Brancato