Il 28 aprile 2012 a Roma il Partito Liberale ha completato il primo passo del suo cammino, ripreso dopo la diaspora del ’94 con il Congresso Nazionale del 25 marzo scorso. Insieme al senatore Enzo Palumbo, che del partito è il presidente nazionale, la direzione nazionale appena insediata ha affidato ad un altro messinese una importante delega. Responsabile del settore giustizia è stato infatti nominato il segretario provinciale Massimo Rizzo. Avvocato, segretario della Camera Penale di Messina, Rizzo parla di un vero e proprio “allarme giustizia”.
“Se è vero come è vero, che il grado di civiltà di una nazione si misura dallo stato della sua giustizia, noi siamo all’anno zero. La riforma della giustizia è la più urgente tra tutte quelle indispensabili. Ne va della coesione sociale, dello sviluppo sociale e di quello economico. Nel settore civile, da anni siamo alla denegata giustizia. E non è certo attraverso l’aumento dei costi della domanda di giustizia che si percorre la strada dell’efficienza”, dice Rizzo.
La ricetta liberale? Implementare il numero dei magistrati, anche richiamando quelli in gran numero distaccati presso le PA, rivedere le circoscrizioni giudiziarie preservando il giudice di prossimità, separare le carriere, creare un organismo di disciplina autonomo dei magistrati.
Proposte che partono da un’analisi rigorosa dello stato attuale. La giustizia penale è al collasso: l’obbligatorietà dell’azione penale si traduce nell’arbitraria discrezionalità dei reati in concreto da perseguire. Risorse inadeguate, disparità tra accusa e difesa, la prescrizione, abuso della custodia cautelare, incertezza della pena e il dramma delle carceri ci rendono un Paese da terzo mondo giudiziario. Da tempo la magistratura associata occupa posizioni conservatrici, chiusa in se stessa e dilaniata dalle lotte di potere delle correnti, con un un CSM concentrato esclusivamente sulla conservazione dello status quo. I processi mediatici poi, alimentano la caccia al mostro rendendo inutili la celebrazione dei processi nella loro sede naturale: l’aula di giustizia. L’avvocatura spesso combatte battaglie di retroguardia e l’eccessivo numero di iscritti è già fonte di disagio sociale e senza modifiche radicali la situazione peggiorerà.