Il video girato da un lettore a Torrente Trapani
La Sicilia brucia, a Messina come a Palermo, dove oggi l’aeroporto è chiuso fino alle 11 per via degli incendi. E, nel frattempo, mentre l’Isola già subiva le conseguenze dei disagi provocati dall’aeroporto di Fontanarossa, Catania è rimasta senz’acqua e senza luce. Un’estate nel segno dell’instabilità, per chi vive qui e per i turisti, che s’accompagna a un’altra eterna situazione precaria: le autostrade e le infrastrutture colabrodo, con i lavori che non finiscono mai.
Tuttavia, non giova assecondare il nostro atavico vittimismo ma occorre pretendere dalla politica un salto di qualità nella prevenzione e programmazione. Il tutto nella consapevolezza che anche noi cittadini dobbiamo fare un analogo salto di qualità nelle scelte elettorali, nel rapporto con le istituzioni, nell’assunzione di responsabilità. Solo così potremo pretendere il massimo da chi ci rappresenta.
Che cosa hanno in comune le enormi difficoltà nella gestione delle emergenze legate all’aeroporto, l’eterno ritorno degli incendi, l’incapacità di chiudere la stagione dei lavori in corso, delle strade e infrastrutture super precarie? A questo quadro non confortante potremmo pure aggiungere l’emergenza economica e sociale, il lavoro che non c’è e le prospettive incerte per le nuove generazioni. Che cosa ne deduciamo? Che cosa hanno in comune questi elementi se non una eterna provvisorietà? Tutto rimane incerto, precario, mortifero. E alimenta il disfattismo di noi siciliani.
E, allora, se questo è il quadro, che fare? Lo ribadiamo: serve un salto di qualità. Se il Pnrr rischia di diventare un’occasione perduta, in relazione all’obiettivo di ridurre il divario tra nord e sud, occorre un processo di rigenerazione fuori dal comune. In primo piano la necessità di una formazione politica, culturale e tecnica di una nuova classe dirigente, con politici e burocrati all’altezza delle sfide.
I meccanismi di selezione dei politici, in assenza di partiti dalla solida identità, sono ai minimi storici. E la pubblica amministrazione e i dirigenti sono spesso in balìa di meccanismi burocatici e normativi a volte infernali. Per molti aspetti, la Regione siciliana è l’emblema di questa paralisi.
Serve dunque un colpo d’ali. Si faccia tesoro del fallimento odierno – figlio dell’assenza di una visione lunga che combini la prevenzione con la programmazione, la qualità degli interventi con la velocità dei tempi in modo da ridurre i disagi – per cambiare davvero. Investimenti, idee, progetti, forze nuove.
Se non vogliamo che il disastro sia l’unica risorsa per il sud, come affermava un filosofo, il cambiamento deve essere costruito subito, con passi in avanti significativi, seppure nella gradualità. Ora o mai più. Con una citazione abusata potremmo pure domandarci: “Se non ora quando?”.