SICILIA – Che cosa rimane il giorno dopo la grande paura e il fuoco devastante? Terre distrutte dalle fiamme, persone sfollate, tre morti a Palermo, i territori messinesi, palermitani e catanesi messi a dura prova. 60 milioni di euro di danni, oltre a più di 200 milioni, secondo gli ispettorati provinciali dell’Agricoltura, per la distruzione di produzioni e strutture agricole. Questo scenario presenta due facce della stessa medaglia: da una parte le mire economiche e la furia distruttiva dei piromani, in un clima eccezionalmente caldo; dall’altro la debolezza e in una parola il fallimento della politica regionale e nazionale.
Il sistema di prevenzione non ha funzionato e il dipartimento regionale di Protezione civile si è trovato di fronte alle difficoltà di sempre. Premesso che si possono solo elogiare tutti coloro che hanno contribuito allo spegnimento dei focolai e che hanno soccorso le popolazioni, è bene che la politica si assuma le sue responsabilità. Né si può attribuire un’eccessiva responsabilità, come sembra fare il presidente Schifani, alle temperature vicine ai 50 gradi. Molto si può fare, invece, se la politica saprà dare, guardando sia al presente sia al futuro, una risposta credibile e capace d’affrontare sia il cambiamento climatico, sia i nemici della comunità come i piromani.
La carenza d’organico di chi difende i territori è un problema antico. Nella Forestale, “le squadre antincendio sono composte da pochi operatori, alcune torrette chiudono per mancanza di personale, i mezzi a disposizione sono insufficienti”, denuncia la Flai-Cgil. Il sindacato evidenzia che “in prima linea per salvare i boschi e mettere in sicurezza i cittadini e le loro abitazioni ci sono lavoratori a tempo determinato, che, come tutto il comparto, aspettano da anni una riforma forestale”.
Non va meglio nel campo dei Vigili del fuoco. Lì si registra un cronico “sottodimensionamento organico”, come ha osservato la segreteria provinciale del Partito democratico, di cui sono responsabili i governi nazionali (centrodestra e centrosinistra) e quelli regionali. Di conseguenza, mentre poco è stato fatto per individuare con efficacia i i piromani e studiare sistemi per neutralizzarli, emerge una gigantesca falla di sistema. Con troppi elementi critici, come stiamo evidenziando.
Anche +Europa, con le dirigenti Palrmira Mancuso e Letizia Valentina Lo Giudice, ha chiesto al governo regionale chiarezza sulle misure di sicurezza, in prospettiva futura, mentre “la distruzione dell’ambiente e dell’ecosistema, e la morte di un numero incalcolabile di animali selvatici della fauna locale, rappresentano un’irrimediabile perdita”.
Lo ribadiamo: si tratta di una falla di sistema. Una falla di cui la politica, se vuole tornare a essere credibile, deve farsi carico a tutti i livelli, maggioranza e opposizione, nell’ottica della programmazione e della prevenzione. Pensiamo anche alla necessità della pulizia dei terreni e dell’adottare tutte le misure necessarie per evitare il peggio.
Basta dichiarazioni del giorno dopo. Si coglie un’inadeguatezza, nella politica, che mina la nostra fiducia nel futuro. Bisogna pensare e agire in tempi brevi per evitare i disastri di domani. Altrimenti, continueremo ad attendere la prossima emergenza, nel segno della precarietà e della sfiducia.
Per caso, mi sono imbattuto in un pensiero di Fabrizio De André che si sposa alla perfezione con queste riflessioni post incendi: “Una delle più grandi e terrificanti passioni dell’uomo è quella di esercitare il proprio potere. Quando gli manca il materiale umano se la prende con la natura, su cui esercita un’autorità e un controllo che lo portano a sfigurarla, a distruggerla”. A questa violenza e a questo arbitrio non dobbiamo rassegnarci. Facciamolo soprattutto per le nuove generazioni.
Nella foto di un lettore la zona dell’Annunziata, a Messina, oggi.