SICILIA – Scampato pericolo o quasi. Tre persone sono morte a Palermo e gli attacchi all’ambiente e agli animali hanno provocato danni enormi. Tutti messi a dura prova dalla furia distruttiva dei piromani e dalla mancata cura dei terreni in alcune zone. Ma i roghi di questi giorni, che hanno lambito le case, devono servire a far maturare strategie alternative. Si sono corsi grandissimi rischi a Messina, e nell’isola, e bisogna correre ai ripari. Con questa logica dell’emergenza, priva di un’adeguata programmazione, si va solo incontro al prossimo incubo da evitare. Lo abbiamo scritto subito: per noi il disastro di questi giorni trova le sue radici nel fallimento della politica.
Mentre da parte di chi ha responsabilità di governo sono state spesso pronunciate parole vacue, quelle più incisive sono state dette dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice: “Siamo di fronte all’esito ultimo di decenni di decisioni, di scelte, di gesti, di omissioni. La responsabilità di questo disastro ricade certo su chi ha avuto in mano la cosa pubblica, sulla politica, sulle nostre crepe educative, come anche sul modo di annunciare il Vangelo delle nostre comunità cristiane. Ricade su di noi, su di noi in quanto popolo”.
Per l’arcivescovo, “non abbiamo fatto abbastanza per cambiare la nostra Casa comune, la Terra; per mettere fine alla logica dello sfruttamento e del profitto e combattere le mafie; per difendere l’ambiente, il territorio, i nostri beni culturali; per creare opportunità di lavoro e servizi sociali” (fonte Ansa).
Ha osservato a sua volta il consigliere della III Municipalità Alessandro Geraci: “Piano Regionale antincendio, lotta agli incendi di interfaccia e ordinanze sindacali che restano carte scritte. Una politica incapace di fare controllo e prevenzione. Nel villaggio Bisconte, nonostante le mie ripetute denuncie e segnalazioni, al 25 Luglio ancora nessun intervento in un ampio terreno sotto montagna e a ridosso delle abitazioni e di una chiesa parrocchiale”.
In questa fase, il sindaco Basile e l’assessore Minutoli, con delega alla Protezione civile e che è stato al fianco dei volontari notte e giorno, hanno l’opportunità di sollevare di fronte alle sedi opportune, regionali e nazionali, tutti i punti critici e tutti i nodi d’affrontare in tempi brevissimi. Le emergenze non attendono. Non solo incendi: pensiamo anche al dissesto idrogeologico. Messina presenta situazioni rischiose in ogni angolo del territorio e la priorità è la messa in sicurezza del territorio.
Lo abbiamo già scritto ma lo ribadiamo: con il Piano di protezione civile aggiornato e in fase d’approvazione, servono più sistemi di allerta (dal banale passaparola ai supporti tecnologici e gli annunci nei media) e la conoscenza da parte dei cittadini dei comportamenti da attuare in caso d’emergenza. Istituzioni e popolazione devono stringere un’alleanza virtuosa per attenuare i pur notevoli pericoli. Gli stessi amministratori devono potenziare gli strumenti adatti per veicolare le informazioni: l’educazione alla comunicazione da parte di chi governa e l’attenzione alle azioni da compiere da parte della popolazione, in situazioni di rischio, vanno di pari passo.
I luoghi dove ripararsi in caso di bomba d’acqua o terremoto, come agire in caso d’incendio o altra calamità: tutto questo deve essere trasmesso nel modo più chiaro possibile. E deve diventare patrimonio di ogni persona di questo disastrato territorio. Qui e ora.
Infine, giusto elogiare per il loro impegno straordinario vigili del fuoco, forestali e volontari di Protezione civile. Tuttavia, come è avvenuto nel caso del Covid con medici e infermieri, non si utilizzi il loro sacrificio, e la retorica dei vigili eroi, per celare le carenze strutturali del sistema. Manca personale. Gli organici sono drammaticamente insufficienti. E da qui bisogna ripartire, con l’assunzione di un numero considerevole di professionalità adeguate.
Per favorire la prevenzione, servono massicci investimenti e non si può più aspettare. I roghi di questi giorni ci dicono, ancora una volta, che la campana è suonata da parecchio tempo. E non ci sono più alibi.