Ci sono morti che diventano “invisibili” , perché non vogliamo guardare, non vogliamo sapere. Perché sono invisibili anche quando sono intorno a noi, prima che accada.
Eppure sono morti che possono essere evitate.
Sono gli incidenti sul lavoro degli “ultimi”, quelle morti che non si verificano nei cantieri ma nei campi, nei piccoli poderi, nei terreni di campagna.
Se le morti nei cantieri e nelle imprese le chiamiamo “bianche” queste sono “trasparenti” perché non ne veniamo a conoscenza.
Sono extracomunitari e non, sono disoccupati, sono operai, sono persone che non hanno un sindacato che li tuteli perché non fanno parte di un’azienda e non hanno alcun tipo di contratto. Sono quelle persone che il proprietario di un giardino, di un terreno, di una villa, chiama per i lavori di scerbatura, potatura, per aprire una stradina di accesso al podere, una strada di penetrazione agricola, un muretto, un lavoro in una gebbia. Vengono pagati per lo più in nero, ma non è solo questo il problema. Perché se cade da un albero o ha un incidente con il trattore e muore, nessuno classificherà questo decesso come incidente sul lavoro, e al di là delle conseguenze penali per chi lo ha chiamato e che dovrà rispondere per quella morte, il problema è che una società civile ha il dovere di evitare queste morti bianche.
In 2 anni sono già 5 i morti per incidenti di questo genere. Un numero elevatissimo, che probabilmente nasconde una cifra ben più alta di incidenti ed anche di decessi che non conosciamo. L’ultimo la scorsa settimana è morto cadendo da un albero.
Per poche lire, quelle che però molto spesso bastano a far sopravvivere una famiglia.
“Sono numeri che mi fanno indignare ed arrabbiare. Perché noi possiamo evitarle.
Dobbiamo fare qualcosa, possiamo fare qualcosa. Anzi possiamo fare tanto- si sfoga l’ingegnere Gaetano Sciacca, al vertice dell’ ispettore provinciale del lavoro- Sono i meno tutelati, non hanno sindacati, non hanno nessuno che ne parli. Quando accadono queste cose il proprietario che li ha chiamati verrà sanzionato per il lavoro in nero. Ma non è questo il problema. Il problema sono vite che possiamo salvare. E nel farlo possiamo anche creare posti di lavoro e piccole imprese”.
L’idea di Sciacca è fare in modo che nascano piccole imprese specializzate in questo genere di lavori che attualmente vengono svolti “a chiamata” con tizio che sa che Caio conosce Sempronio che sa fare bene quel tipo di intervento. Un passa parola che però è a scapito della sicurezza.
“C’ è un costo sociale altissimo per questi decessi e per questi incidenti. Vengono violate tutte le norme di sicurezza. L’ideale sarebbe fare formazione. Dare la possibilità a tutti di conoscere esattamente i rischi ai quali vanno incontro se non si tutelano e soprattutto metterli in condizione di lavorare stando attenti alla loro vita. Formazione attraverso un protocollo d’intesa tra le parti coinvolte. Penso alle associazioni di categoria, agli agricoltori, alle piccole imprese. Questa è manodopera che sfugge anche al sistema dei voucher, persone che spesso non hanno esperienza e le conseguenze sono drammatiche”.
La proposta dell’ingegnere Sciacca è valutata positivamente da Gino Savoja, che per tantissimi anni ha diretto la Cia, Confederazione agricoltori di Messina adesso accorpata alle altre della Sicilia Orientale.
“Formazione e prevenzione sarebbero un binomio indispensabile- aggiunge Savoja- Basterebbe mettere intorno ad un tavolo Cia, Confagricoltori, Coldiretti, Copachi, tutte le sigle sindacali. Si potrebbe creare una specie di lista virtuosa di piccole aziende che garantiscano l’intervento a costi sostenibili ma nel contempo la massima garanzia per la sicurezza”.
Una lista virtuosa per scongiurare un’altra lista, quella delle morti talmente bianche da essere invisibili.
L’ingegnere Sciacca ci crede. Sperando che il suo appello possa servire a salvare vite di operai, agricoltori, muratori, che pur di arrivare a fine mese sacrificano tutto, dalla sicurezza ai contributi, dalla busta paga alla loro stessa salute.
Rosaria Brancato