Cartelli toponomastici che s’illuminano nelle ore serali. Il loro scopo doveva essere questo ma è fallito ben presto e, ormai da un paio di decenni o forse più, sono rimasti a fare solo degrado, in pieno centro città, anche perché alcuni sono pure storti.
Non s’illumina più nessuno e pochissimi hanno ancora l’indicazione ben visibile. Nella maggior parte è sbiadita quando non totalmente cancellata. Così resta un palo, con attaccata un’indicazione bianca, spesso accanto alla segnaletica toponomastica in marmo con la stessa indicazione però leggibile. E quella è più che sufficiente, anche in altre città la toponomastica è indicata con le targhe nei muri agli angoli delle strade e senza pali… in mezzo. Non serve sostituirli, anche per non ripetere l’esperienza negativa, meglio eliminarli.
Nella sola via Garibaldi ne abbiamo contati una trentina ma ce ne sono diversi altri sparsi in città. Così come ci sono pali che non reggono nulla, probabilmente vecchie indicazioni non più valide e quindi tolte ma… non del tutto. Una città invasa da pali, alcuni utili solo a rendere più difficoltoso il passaggio sui marciapiedi.
A meno che non si tratti di un gioco a quiz, “indovina che c’è scritto”, togliere vecchi pali non sembrerebbe un lavoro né costoso né complicato, eppure nessuno se ne accorge e rimangono lì, a imperitura memoria. Così come restano a lungo i cartelli per i divieti temporanei, anche per mesi dopo la fine dei lavori.
Avevamo già parlato delle carenze sulle piccole manutenzioni, che si riflettono pure sui cartelli. Anche quelli utili sono spesso inclinati o piegati, a volte caduti. Uno sulla Strada Panoramica dello Stretto, abbattuto dal vento più di un mese fa è ancora lì adagiato alla rotatoria di Faro Superiore. A prescindere se la competenza sia del Comune o della Città Metropolitana, rette dallo stesso sindaco, ma ci vuole tanto a rimetterlo in piedi?