«Si parla tanto di economia circolare e di alternative a discariche e incenerimento; poi si fa la guerra alle vere alternative». È l’amara constatazione di Marco Giamboi, di Mare Pulito srl: un’azienda che vuole realizzare un impianto di stoccaggio e recupero idrocarburi mediante processo di decantazione di acque di sentina e rifiuti oli esausti da natanti. Contro il progetto si è schierato il Comune di San Pier Niceto, che ha promosso un ricorso al TAR.
Il progetto
«Vogliamo realizzare un impianto che, attraverso la centrifugazione dei prodotti trattati, possa ricavare olio combustibile utilizzabile per le caldaie, e acqua che, adeguatamente depurata, potrà essere reimmessa in mare». Così Giamboi descrive il progetto che Mare Pulito vorrebbe realizzare nella zona Irsap di San Pier Niceto. Un investimento da circa 7 milioni di euro e 40 posti di lavoro: « Prevediamo di trattare 50 tonnellate giornaliere di rifiuti non speciali, e 10 di rifiuti speciali. Solo la decima parte di quanto trattato andrà in discarica».
In particolare, all’interno dell’impianto verranno effettuate operazioni di deposito e messa in riserva, recupero e trattamento di rifiuti pericolosi e non. L’autorizzazione ambientale prevede diverse prescrizioni: l’identificazione dei rifiuti trattati; un limite al tempo massimo di stoccaggio di rifuti così da evitare processi fermentativi; l’individuazione di impianti idonei allo smaltimento dei prodotti dei depuratori; persino un sistema di rilevamento delle emissioni odorigene, oltre a quelli già previsti per monitorare la qualità dell’aria. Anche per Mare Pulito vale infatti l’obbligo di adeguarsi alle BAT, le migliori tecnologie attualmente disponibili sul mercato.
«Il progetto segue la direttiva europea 2000/59/CE che, richiamando la Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento marino (MARPOL 73/78), obbliga a realizzare impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi» – spiega ancora Giamboi – «seguendo la strategia rifiuti zero, si obbligano le navi a conferire i rifiuti prodotti a bordo e i residui di carico in un impianto che deve essere presente nel porto; l’obiettivo è evitare che si scarichi direttamente in mare. Non è dato sapere cosa attualmente galleggia nelle acque della zona industriale; grazie al nostro impianto avremmo la sicurezza che rifiuti navali di ogni genere vengano adeguatamente trattati e smaltiti, invece di inquinare il mare. Per questo l’impianto è espressamente previsto anche dall’Autorità portuale; e d’altra parte ce n’è uno in tutti i porti italiani più importanti».
Autorizzazioni e normativa
Il progetto ha già ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, compresa l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e l’autorizzazione paesaggistica della Sovrintendenza ai beni culturali di Messina, che lo ha ritenuto compatibile con il Piano paesaggistico dell’Ambito 9. Proprio questo punto è ribadito con forza dai vertici dell’azienda: «La stessa Sovrintendenza che si è schierata contro l’inceneritore del Mela ha ritenuto il nostro progetto compatibile con il Codice dei beni culturali» – incalza Giamboi – «siamo convinti che i pareri del Soprintendente siano condivisibili sempre, non soltanto quando in linea con il volere del singolo. Proprio per questo esistono le istituzioni».
Il riferimento è al Comune di San Pier Niceto, che ha duramente contestato le decisioni della Sovrintendenza. Quest’ultima ha infatti accertato che il progetto rientra nelle “attività produttive (…) connesse con la marineria”, e costituisce dunque un’eccezione al divieto di insediamento di qualsivoglia insediamento entro i 150 metri dalla costa, a meno che quest’ultimo non sia direttamente connesso alla fruizione del mare. Ma cosa si intende con “diretta fruizione del mare”? Il Cga, in una sentenza del 2007, ha precisato che è tale “ogni infrastruttura concretamente destinata a rendere possibile o migliore, ad una collettività aperta di potenziali utenti, l’uso del mare”. Proprio su questo punto si è però concentrato un ricorso al TAR del Comune di San Pier Niceto, che ritiene quello progettato da Mare Pulito un impianto di trattamento rifiuti, e non di diretta fruizione del mare. Una distinzione sottile, ma fondamentale: toccherà ai giudici dirimere la questione.
«Certo che siamo un impianto di trattamento rifiuti, in senso lato» – spiega ancora Giamboi – «come lo sono gli impianti di compostaggio, o quelli per il trattamento dei rifiuti differenziati. Esistono diverse tipologie di impianti simili: mica sono tutti inceneritori. Il nostro progetto è funzionale all’economia circolare: tratta un rifiuto, ricavandone ulteriori prodotti che possono essere utilizzati in ambito industriale; depura le acque attraverso un normalissimo depuratore; e soprattutto garantisce ai cittadini che nessuna delle navi che battono il porto di Milazzo scarichi direttamente in mare. Vogliamo far capire alla popolazione che il nostro impianto non è inquinante, non ha alcun impatto ambientale; anzi, ha l’obiettivo di alleggerire ulteriormente il carico di inquinanti che siamo costretti a subire anche via mare».
Un pregiudizio ideologico?
Insomma, l’azienda lamenta un pregiudizio ideologico nei confronti del progetto. «Abbiamo sempre chiesto un confronto aperto, anche in Consiglio comunale, con il Comune di San Pier Niceto, l’unico ente che si è opposto all’impianto su quattordici che siedevano in Conferenza dei servizi; ci è sempre stato negato» – spiega ancora Giamboi – «il Comune di San Pier Niceto ha persino adottato una delibera contro l’insediamento di “industrie o impianti potenzialmente nocivi per la salute pubblica”; ma, come specificato dall’ufficio legale della Regione Sicilia, si tratta di un atto privo di valore, poiché esiste una normativa da rispettare. Non spetta al Comune stabilire quali impianti possono insediarsi; il sindaco può solo agire su situazioni di emergenza concrete, e non presupponendo che un impianto inquinerà. Altrimenti a cosa servono tutte le procedure autorizzative previste dalla legge? A cosa servono gli studi e e le valutazioni cui il Comune stesso può partecipare chiedendo prescrizioni? A cosa serve lo Stato di diritto?».
In attesa della sentenza del TAR, l’appello del giovane milazzese è a tutti i cittadini che hanno a cuore l’ambiente: «Finché assoceremo la parola industria a qualcosa di negativo sarà impossibile migliorare le condizioni ambientali della valle del Mela. Com’è evidente dalla strategia rifiuti zero, c’è bisogno di impianti specifici che assolvano a delle funzioni: e come gli impianti di trattamento meccanico-biologico e compostaggio favorirebbero la differenziata e la chiusura delle discariche, allo stesso modo il nostro impianto eviterebbe un inquinamento marittimo che oggi avviene in maniera silenziosa, ma inevitabile. Oltre il pregiudizio c’è il buonsenso: speriamo di poter spiegare ai cittadini che anche un impianto di trattamento rifiuti può essere una scelta di buonsenso. Non parliamo certo di un inceneritore».