REGGIO CALABRIA – La prima volta di un calabrese ai vertici dell’Aica (l’Associazione italiana per l’informatica e il calcolo automatico), una sorta d’istituzione del Belpaese in campo telematico.
Così, pochi giorni fa è arrivata l’elezione all’unanimità dell’avvocato reggino Renato Marafioti, da 25 anni ormai – li festeggerà nelle prossime settimane – appassionato cultore dell’informatica, della formazione in questo peculiare settore e, da circa un decennio, anche di cyber security.
«Per me è un grande privilegio prima l’elezione nel Consiglio direttivo 2021-2024, a fine 2021, e poi ai vertici dell’Aica. E anche un impegno pubblico – osserva Marafioti -, che ho assunto con la stessa passione, entusiasmo e umiltà che mi contraddistinguono ormai da quasi un quarto di secolo nel settore della formazione professionale, dello sviluppo delle competenze digitali e della stessa Ict», l’Information and communication technology.
Dal 4 febbraio del 1961, aggiunge il neopresidente nazionale, «l’Aica porta avanti una sua mission che è fatta di divulgazione e condivisione della cultura digitale. E oggi, in forte legame con Ministeri quali il Ministero dell’Istruzione e il nuovo Ministero per la Transizione digitale stiamo portando avanti una serie d’iniziative che porteranno a potenziare ulteriormente quanto l’associazione fa da decenni ormai. L’Aica crede fortemente nell’era digitale e soprattutto nella possibilità di rafforzare le competenze di settore, delle quali ognuno di noi ha bisogno per vivere appieno l’epoca attuale, pervasa dalla trasformazione digitale».
Certo, la cyber security in particolare è un tema di stringente attualità. Su più livelli, naturalmente: basti pensare alle accuse sul Russiagate, che avrebbe visto personaggi come Konstantin Kilimnik sottrarre materiali ai Democratici nella campagna presidenziale 2016, favorendo la poi avvenuta elezione alla Casa Bianca del candidato repubblicano Donald Trump; alla grande discussione sull’introduzione o meno del voto elettronico su larga scala nel nostro Paese; alle mille clonazioni illecite dei Qr-Code utilizzati per decrittare i Green Pass…
Su altra scala, del resto, si tratta proprio dei pericoli “da cybercrime” contro i quali il cittadino viene costantemente messo in guardia: in particolare in occasione del Safer Internet Day, celebrato proprio ieri, come l’8 febbraio di ogni anno.
«Miriamo soprattutto a far comprendere a ognuno i pericoli che corre. Nel tempo attuale ancor di più, in relazione all’era pandemica che ha incrementato il periodo medio di utilizzo delle device informatiche e dei social network – argomenta Renato Marafioti -. Smart working, telelavoro, Didattica digitale integrata hanno poi massimizzato questi rischi: che sono tanti. E la cyber security punta a mettere in sicurezza dati e informazioni in primis, ma anche sistemi informatici, con l’obiettivo di preservare la sicurezza dei dati, affinché solo le persone autorizzate possano consultarli; l’integrità, per garantire la non-manomissione dei dati; e la disponibilità nel tempo, garantendo che ognuno possa avere la disponibilità dei dati solo per una certa quantità di tempo».
Rischi che si sono evoluti, e rispetto ai quali ogni presidio anche culturale di settore è tenuto a dare una mano nell’attività di contrasto. «Chiaramente. Per il cittadino-utente abbiamo rischi evidenti ricollegabili alla possibilità che vengano “bucati” o clonati lo Spid o la carta d’identità elettronica, ben oltre la possibilità che ignoti hacker assaltino i suoi profili sui social network. Ma oggi i fenomeni d’ingegneria sociale hanno dato la stura a phishing, farming, furto d’identità digitale, addirittura di ransomware cioè della richiesta di un riscatto per ottenere la “liberazione” dei dati, specie se abbiamo davanti dati aziendali… La ricetta maestra – così Marafioti – per contrastare questi rischi così legati alla modernità e all’avvento dell’era digitale, per il singolo cittadino così come per le imprese, consiste nella consapevolezza piena e nella formazione professionale continua».