Siamo stanchi di essere derisi perché Messina è l’unica città in Italia a non aver approvato il bilancio di previsione 2015, il rendiconto 2015 né predisposto quello del 2016. Siamo stanchi e preoccupati perché, per la prima volta della recente storia dell’Ente, quasi temila dipendenti non percepiranno gli stipendi con conseguenze importanti sull’asfittica economia messinese ed i servizi pubblici, anche quelli più delicati, subiranno rallentamenti e scioperi. Siamo stanchi di subire revoche di finanziamenti comunitari per importanti opere cittadine e di vedere ignorato ogni progetto di sviluppo. Eppure Messina ha un Piano Strategico e progetti cantierabili che potrebbero imprimere una svolta nella creazione di posti di lavoro e che consentiranno, a breve, di ottenere rilevanti finanziamenti dalla C.E. (certo se poi vengono persi come accade oggi meglio che vadano ad altre città). Siamo infine stanchi di nuovi Mandrake in una città dove anche il mago Houdinì impallidirebbe tanta è la rapidità con cui appaiono e scompaiono i finanziamenti per la realizzazione di opere pubbliche anche per quelle già appaltate. Si dice che il bilancio 2015 non possa essere ancora approvato dopo che il Comune, con il parere favorevole dei Revisori, ha approvato i bilanci 2013 e 2014 (lasciamo stare i precedenti si sostiene che quellicheceranoprima li avevano abilmente falsificati), il piano di riequilibrio (a proposito siamo stanchi anche delle sceneggiate del Ministero) e speso i 12/12 del bilancio 2015. Sono addirittura venuti illustri professionisti dal Nord Italia per aiutare i dipendenti comunali a fare i conti ed a redigere per tempo i bilanci (a proposito dott. Cantone approfondisca la legittimità del contratto rispetto alle regole comunitarie e del codice degli appalti) ed uno di loro è diventato pure assessore (con tessera Pd ma da indipendente). Anche loro come Houdinì sono rimasti sconvolti. Cambiano il direttore ed i musicanti ma purtroppo chi ha scritto la musica reclama conformità allo spartito: “Messina deve dichiarare il dissesto”. Sì perché in fondo dopo aver subito negli anni due distruzioni ed avere consolidato la cultura “della baracca” cosa vuoi che rappresenti l’onta del fallimento. E non importa che Il dissesto di un ente non sia un capriccio ma determinato da circostanze oggettive e precisamente dall’insufficienza strutturale delle entrate per far fronte alle spese. Proprio quelle spese effettuate per tutto il 2015 in assenza di bilancio. E non importa ancora che lo Stato sia intervenuto, con misure straordinarie, per evitare che ciò accadesse in 300 e passa enti locali e che la Regione Siciliana abbia stanziato 48 milioni per Messina. Messina non ne aveva bisogno tanto che l'amministrazione ha concordato con il Consiglio una bocciatura pilotata del piano di rientro e restituito 14 milioni (o meglio lo Stato se li è ripresi) ricevuti quale prima tranche dell’aiuto. E il Comune non aveva bisogno neanche delle provvidenze ministeriali per riequilibrare i conti (quali visto che il bilancio 2015 non esiste) tanto da presentare un piano di riequilibrio che definire improbabile è eufemistico. Oggi non ci resta che l’ultimo atto quello della dichiarazione di dissesto, poi sceglieremo un nuovo liquidatore per gli importanti asset comunali quali i rifiuti (44 milioni), i trasporti (27 milioni), i servizi sociali (27 milioni), il patrimonio ma saremo felici perché il disegno sarà finalmente compiuto e nuovi salvatori potranno dividersi la torta. Peccato che le ciambelle non sempre riescano con il buco e che nemmeno la più grande delle illusioni di Houdinì potrà saldare i creditori del Comune senza gli 80 milioni richiesti per il riequilibrio. Purtroppo la condizione richiesta dalla legge per accedere a tali provvidenze è proprio quella che non sia stato dichiarato il dissesto. Perciò ora basta con le sceneggiate la città è stanca e mortificata approvate i bilanci e quanto meno si salvi quel poco di dignità che ci resta.
Gianfranco Scoglio