Lo stile di Filippo Giardina è una potente sintesi politicamente scorretta. Comicità intelligente e scandalosa immersa nel caos dell’essere contemporaneo. Lo abbiamo incontrato poco prima dell’inizio dello spettacolo che ha aperto la rassegna “GIARDINO SONORO”, curata da Alessio Laganà, realizzata nel terrazzo del Medinblu, in collaborazione con AMUA’. Filippo ci ha accolti sorridente. Un sorriso che ci ha accompagnati per tutta l’intervista. Il suo stile è scomodo, fuori dalle regole “benpensanti”.
Le sue battute disturbano il sentire comune, mettono a nudo la verità. I suoi monologhi non lasciano scampo, spogliano da ogni ipocrisia, quella che quotidianamente ognuno di mette in scena per il quieto vivere. Le buone maniere, il benaltrismo, il rispetto delle convenzioni. Giardina si muove in quella linea di confine che separa il caos del mondo e l’ordine indispensabile per la convivenza sociale. Squarcia a colpi di risate il velo dell’ipocrisia, costringe il pubblico a pensare. Si può ridere alle battute sui down, sui neri, sui grassi? Giardina ci riesce. Fa ridere il suo pubblico e poi “gli sbatte in faccia il perbenismo”, conclude ogni sessione dei suoi monologhi con la verità e tutto torna in ordine. Il pubblico smette di ridere per qualche secondo e “comprende”. Un giro virtuoso che inizia mettendo a nudo vizi, piccole meschinità, pregiudizi e finisce con la consapevolezza.
Come nasce Filippo Giardina?
“Ho scritto il primo monologo 20 anni fa. Ho scelto subito di fare una satira eccessiva. Non ho grandi riferimenti italiani ad eccezione di Paolo Villaggio, qualche esempio di commedia italiana Amici Miei per dirti un titolo molto conosciuto. Per assurdo, quindi, più Italo calvino che un cabarettista. E poi i grandi comici americani. Ho sempre preferito un’ironia legata ad una logica un po’ contorta.”
Ironia o sarcasmo? Quale la strada che segui?
“La satira. Decisamente “lei” perché sta nel mezzo. Utilizza, infatti, a volte l’ironia a volte il sarcasmo. Fa riferimento a tutti gli strumenti della comicità. La intendo “disincantata” non cinica è più legata al candore del bambino che vede una cosa e dice “è cosi”. Lo dice senza filtro e spesso in modo maleducato. Innocente, sincero e maleducato.
I tuoi temi sono sempre caldi, contemporanei e li tratti in maniera provocatoria. Cosa pensi delle critiche che ti vengono mosse?
“Mi piacciono molto, a volte però sono stupide. Non vorrei passare per arrogante, ma i miei monologhi sono frutto di lunghissimo studio. Passo la vita a scrivere. Le critiche feroci mi stanno anche bene, ma vorrei che fossero all’altezza della fatica che faccio. Spesso e volentieri sono talmente banali e si fermano a “tu sei maschilista”, “sei razzista” e allora vuol dire che non hai ascoltato, che ti sei fermato all’apparenza e non sei sceso in fondo al contenuto. Mi offende molto dovermi difendere da critiche che secondo me sono lo specchio della deriva, della frana culturale che sta vivendo questo paese.D
Cosa pensi del momento attuale?
“Over 30: malissimo. Under 30: incasinati, ma stimolanti. I dibattiti che infestano i social ci mostrano esattamente chi siamo: un mondo di persone anziane che continua a discutere di temi che i giovani, la maggior parte, hanno ampiamente superato e compreso molto meglio di noi.”