Che cos’ è per voi un teatro civile in accordo con la presentazione di un evento teatrale come il vostro, definito spettacolo-inchiesta?
In realtà la definizione è impropria. Sicuramente , il nostro spettacolo non può essere definito di intrattenimento .Piuttosto è volto a trattare dei temi insoliti,quelli sui quali generalmente non ci si sofferma, perché considerati troppo impegnati. Forse, un po’ dipende anche dal fatto che si hanno delle idee ormai consolidate e anche un po’ rigide,in quanto si crede che il teatro ed in generale lo spettacolo debba in qualche modo far si che lo spettatore per tutta la durata della trama, si estranei dal mondo,si rilassi e non pensi a nulla .
Perché la scelta di trattare una parte di storia così sanguinosa come quella del Rwanda ed anche così lontana?
La decisione parte da un’esperienza personale. In passato abbiamo svolto delle attività di volontariato,soprattutto (dice Marco)nella regione dell’ ex Jugoslavia e nella regione balcanica che è stata nell’occhio del ciclone per buona parte degli anni ’90 con la sua storia di massacri e dittatura. Ma la scelta del nuovo spettacolo e della sua trama ,nasce casualmente una sera a cena, quando incontrammo una donna che aveva un amico, il quale aveva vissuto quella regione e quei momenti drammatici così come un missionario di Forlì ,dove abitiamo,il quale aveva vissuto le stesse esperienze. Da lì la decisone di mettere per iscritto le loro testimonianze .Per giunta ,quest’anno c’e’ il ventennale della strage nazionale del Rwanda,quindi volevamo a maggior ragione focalizzare l’attenzione.
Perché avete deciso di dedicarvi a questo genere di teatro?
Nella nostra esperienza passata abbiamo avuto a che fare anche con altri generi,ad esempio la fiction ma oltre la notorietà temporanea ,per quanto potesse essere tutto molto eccitante, non permetteva di andare oltre le cose ,di affrontare temi,problemi seri, che non fossero le semplici banalità della quotidianità.
Qual è la cosa giusta di cui voi parlate nel vostro sito a proposito dello spettacolo?
La nostra vera mission non è tanto far conoscere una realtà considerata lontana ed estranea alla nostra quotidianità(questo è importante ma non basta).Il vero focus è la rappresentazione delle storie belle,quelle che contano e che mettono al centro il coraggio, la forza umana davanti a eventi di disumanità.
A quali modelli vi siete ispirati per la messa in scena dello spettacolo?
E’ stato più semplice di quanto noi ipotizzassimo. Però un grande aiuto ce lo hanno fornito i numerosi testi a tema,soprattutto inglesi,e poi l’operato di associazioni internazionali impegnate in questo come Actionaid, Amnesty International e poi moltissimi siti internet.
Qual è il rapporto con il vostro pubblico?
Molto bello ma anche molto sofferto. Molti di loro ci ringraziano perché una storia del genere non intrattiene semplicemente ma lascia un ricordo indelebile. Non si tratta di un semplice momento catartico che ti fa entrare nel vivo della rappresentazione e che poi ti fa uscire senza cambiamenti,piuttosto ti permette di riflettere ed agire secondo una prospettiva che prima di allora non avevi considerato.
Azzurra Papalia