Musica a Messina, a tu per tu con l’estro creativo di Simone Cristicchi

Mancava a Messina da cinque anni Simone Cristicchi. L’ultima esibizione del cantautore romano nella nostra città risale infatti all’estate del 2007. Reduce dalla vittoria al Festival di Sanremo con Ti regalerò una rosa, veniva accolto in una gremita Piazza Duomo in uno degli ultimi veri concerti di richiamo offerti dall’amministrazione pubblica. A portarlo nuovamente in riva allo Stretto, Sabato 24 Novembre, è stata Euphonya Management in collaborazione con DolceVita Events. Nell’ormai consolidata location del Centro Multiculturale Officina, il concerto ha riscosso un ottimo successo, emozionando e divertendo il numeroso pubblico presente. Sul palco, il poliedrico artista romano infatti, accompagnato dalla sua band, ha proposto i brani che lo hanno fatto conoscere al grande pubblico (come la già citata Ti regalerò una rosa, Studentessa Universitaria, Che bella gente, Meno male) ed anche alcune canzoni meno note al grande pubblico ma non per questo meno affascinanti (Angelo custode e L’ultimo valzer). Non sono mancati poi i pezzi di impegno e denuncia sociale (come, per esempio, Sigonella di Ivano Fossati). Cristicchi fra una canzone e l’altra, ha inoltre mostrato le sue doti di attore, proponendo alcuni monologhi tratti dal suo ultimo interessante lavoro teatrale “Mio nonno è morto in guerra”, che attualmente è in tour in tutta Italia. Monologhi ricchi di calzante irriverenza che hanno stupito e coinvolto il pubblico. Un’artista davvero sensibile e musicalmente colto, eppure modesto. Un’artista che Tempostretto.it ha intervistato poco prima che salisse sul palco.

L’Italia di oggi è ancora l’Italia di Piero che cantavi qualche anno fa?

È un po’ peggiorata forse, quella canzone è stata premonitrice. Oggi viviamo in un Italia di Pieri, di bugiardi, di cialtroni, quindi quel brano continua ad essere molto attuale.

Quello che fai tu si definisce “teatro-canzone”, che ha inventato Giorgio Gaber, tu sei perciò un cantattore. Cosa preferisci tra le due componenti?

Essere attore è un’esperienza iniziata relativamente da poco ed è un cammino molto lungo per me. Posso dire che tra le due cose, non ce n’è una che preferisco. Si tratta sempre di raccontare delle storie e lo si può fare con un monologo che dura un’ora e mezza, lo si può fare con una canzone che dura tre minuti. Diciamo che le due sfere si influenzano molto tra loro.

Girando per manicomi e carceri d’Italia hai avuto modo di rapportarti con coloro i quali la società definisce “matti”. Che impressione hai tratto da questa esperienza?

Ho ricevuto moltissimo da queste persone speciali, sfortunate in un certo senso. I matti pericolosi sono altri: chi ci governa in questo momento per esempio. Il matto in sé è anche vittima di pregiudizio: lo si considera pericoloso oppure artisticamente ispirato. Ma il matto è una persona e può essere poeta come non lo può essere, la visione del matto come persona fuori dal comune è comunque errata.

Messina, città natale di Nino Frassica. Tu hai lavorato con lui nel 2011 in un programma radiofonico su Radio 2, Menomale che c'è Radio 2. Che impressione ti ha fatto la sua esuberanza?

È un maestro dell'ironia e del nonsense, molti si sono ispirati a lui, negli anni, ma lui rimane l'unico, un'artista inimitabile. Siamo diventati amici per una stima reciproca. È venuto a vedere un mio concerto poi io l'ho invitato a venire ospite in altre mie esibizioni e poi, una sera, al tavolo di un ristorante abbiamo inventato questa trasmissione da fare insieme…

Franco Battiato, con il quale hai dichiarato ti piacerebbe collaborare, ha accettato un ruolo di delega alla Cultura nel nuovo governo della Regione Sicilia. Perché pensi abbia accettato? Pensi che possa cambiare qualcosa?

Non so se possa cambiare qualcosa, so che il suo è stato un gesto nobile nei confronti della regione e della cultura in generale. Credo che noi artisti dovremmo seguire il suo esempio. L’esempio di chi, pur essendo un grandissimo artista che potrebbe stare benissimo fuori da certe logiche, si mette al servizio non tanto della politica quanto della comunità.

Nel 2005, quello che tu hai definito un “tormentone involontario” cioè Vorrei cantare come Biagio Antonacci denunciava quanto fosse difficile per un artista poter emergere. Credi che oggi sia cambiato qualcosa e credi che i talent show siano la giusta strada?

Oggi i giovani artisti vivono in una situazione forse peggiore. Io li chiamo i “cantanti in apnea” dato che non riescono ad emergere, a venire in superficie. Molti bravi artisti non riescono a far sentire la loro voce, se non piegandosi alla partecipazione di programmi televisivi come X Factor o come Amici. Non credo che queste realtà vadano criticati dato che comunque danno loro uno spazio per farsi conoscere ed un’opportunità. Il problema però è per tutti gli altri che non vincono l’edizione di quel programma e sono poi costretti a tornare nell’anonimato.

Hai fatto il liceo classico, intrapreso gli studi di storia dell'arte e tua moglie, sarà un caso, fa l'archeologa. Che valore hanno per te la cultura e l'arte?

Io sono appassionato di storia dell'arte, infatti ho frequentato l'università per un periodo. E il fatto che la mia compagna scavi sotto terra mentre io invece vado sopra le nuvole è positivo, perché ci incontriamo a metà strada. Credo che l'Italia abbia un grande patrimonio artistico che dovrebbe sfruttare molto di più per farlo diventare una vera e propria risorsa. C'è una grande potenzialità da questo punto di vista.

Che Italia pensi di lasciare ai tuoi figli?

Mi sento ancora un debuttante, quindi è presto per rispondere a questa domanda. Spero di lasciare loro il lavoro che posso aver fatto in questi anni, al di là delle canzoni. Mi piacerebbe pensare che da nonno possa lasciare loro i miei scritti, le mie ricerche. (CLAUDIO STAITI)

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(Photogallery di Dino Sturiale)