E’ successo ad un giovane messinese, che oggi ha 25 anni ed ha chiuso un travagliato processo di primo grado con l’assoluzione piena.
Il ragazzo, residente nella zona nord di Messina, è stato scagionato “perché il fatto non sussiste” dal giudice monocratico Di Fresco, dall’accusa di maltrattamenti. Sia il suo difensore, l’avvocato Nino Cacia, che il pubblico ministero avevano invocato l’assoluzione, perché il processo aveva dimostrato che le cose non stavano come era stato raccontato dagli amici della presunta vittima, una giovane che aveva convissuto col ragazzo qualche tempo.
La denuncia era arrivata nell’estate del 2018. A far venire fuori la storia erano state alcune amiche della ragazza, che avevano raccolto le sue confidenze, facendosi l’idea di un incubo lungo due anni, corredato di certificati medici, costellato di violenze verbali, di segregazioni, di episodi di aggressione fisica.
Il fidanzato, stando alle dichiarazioni, le impediva di uscire con gli amici, la insultava se indossava abiti da lui giudicati troppo succinti, la minacciava di rendere pubblici alcuni video girati col telefonino. Una sequela di soprusi che l’avrebbero portata sull’orlo del suicidio.
Le amiche, nel tentativo di aiutare la ragazza, hanno registrato la giovane mente parlava del venticinquenne ed hanno portato tutto alle forze dell’ordine.
Il processo ha però dimostrato che il venticinquenne imputato non è responsabile dei maltrattamenti di cui era accusato. È stato dimostrato che i dei in realtà non abitavano insieme e la stessa presunta vittima ha confermato i litigi ma ha ridimensionato i fatti.