Scuola

“Io, docente, vi racconto la scuola al tempo del Coronavirus. Con rabbia e con amore”

Di seguito la riflessione di Nicola Belfiore, un docente che racconta il momento drammatico che sta attraversando il mondo della scuola dopo decenni di tagli.

Docenti spinti allo sbaraglio

In questa emergenza pandemica, ci viene chiesto, con circolari e provvedimenti forzati, di dimostrare al mondo che i docenti e tutta la scuola italiana sono fattivamente presenti e attivi. Ci viene chiesto, anche, di coinvolgere le classi in una didattica a distanza mai sperimentata, sottolineando l’importanza di far sentire la nostra presenza agli alunni. Veniamo chiamati ad utilizzare i mezzi a nostra disposizione, cavalcando la rete su piattaforme e percorsi che non conosciamo. Spinti allo sbaraglio, dalla mano dell’ipocrisia e incoerenza politica, per presentare al mondo l’Italia che lavora, pretendendo quello per cui non siamo mai stati preparati.

Anni e anni di tagli alla scuola

Per decenni abbiamo gridato all’unisono, da nord a sud, la necessità di prestare attenzione a quello che l’istruzione rappresenta o dovrebbe rappresentare in una Nazione. Abbiamo chiesto, la considerazione che la scuola italiana meriterebbe, in quanto può vantarsi di un corpo docenti invidiabile e di alto livello intellettuale. Chi lavora nella scuola sa delle problematiche quotidiane legati a tagli economici continui, a fondi mai disponibili, a strutture ed infrastrutture fatiscenti, a mezzi e materiali obsoleti e del tutto inadeguati, sottolineati da una continua e corale richiesta di cambiamento e/o rinnovamento e da un assordante silenzio di generazioni in evoluzione. Nessuna formazione sulla didattica a distanza è stata dedicata e pensata per la scuola e per il personale scolastico, solo tagli. La realtà, per la maggior parte dei casi, è fatta di reti wireless mal funzionanti o non adeguate, di computer d’annata e non sufficienti alle reali esigenze, di fondi limitati e mai disponibili, di lavoro sommerso, di stipendi umilianti e di gran lunga al disotto delle medie europee.

L’amore per il nostro lavoro

Eppure, in questo scenario profondamente mortificante, noi docenti di qualsiasi ordine e grado, abbiamo, comunque, garantito l’istruzione ad un intero Paese, chinando la testa anche ai “contentini” contrattuali. Ci siamo sempre presentati al lavoro per il piacere e l’amore di farlo. Per la grande soddisfazione di vedere le facce allegre o musone dei nostri discenti. Abbiamo intuito, compreso e, a volte, risolto le loro problematiche esistenziali legate a famiglie quasi sempre più inadeguate, smarrite e, a volte, inesistenti. Ci siamo e vogliamo continuare ad esserci. Siamo stati affianco ai nostri alunni e con loro abbiamo sofferto le ristrettezze di non avere una palestra, un laboratorio o le attrezzature adeguate che la legge dovrebbe garantirci, in aderenza e rispetto al diritto costituzionale allo studio. Noi, donne e uomini della scuola: docenti, dirigenti, personale ATA, direttori, segretari, applicati ecc., abbiamo sorretto questa sgangherata Istituzione, emarginata e con indifferenza calpestata dalla politica del passato e del presente.

La scuola e il virus

Oggi, ci viene chiesto con toni perentori, così come la necessità del momento prevede, ma non giustifica, di essere vicini ai nostri alunni e di sostenere la scuola utilizzando mezzi e materiali disponibili in rete: E-learning, Classroom, piattaforme digitali, link e quant’altro pur di coinvolgere quanti avessero voglia di seguire la didattica a distanza, facendo forza sull’iniziativa personale degli insegnanti e sulla loro voglia di essere comunque presenti. Tutto ciò è lecito, sia per dovere istituzionale e anche perché il garbo e l’intelligenza dei nostri dirigenti (almeno la mia) ha lasciato la possibilità, non l’obbligatorietà, di azione e iniziative.

M’indigno per alcune circolari

Non posso, però, come docente non indignarmi di fronte alle tante note del MIUR , come ad esempio la n°318 dell’11/3/2020, dove veniva chiesto ad ogni scuola di monitorare tutte le classi per sapere: “quanti alunni possono contare su dispositivi elettronici (smartphone, pc, tablet, ecc.). Quanti alunni possono contare su dispositivi elettronici e collegamento internet. Quanti alunni stanno effettivamente seguendo ed effettuando la didattica a distanza. Quali strumenti stanno utilizzando i docenti del Consiglio di classe (oltre all’uso del R.E.) per la didattica a distanza.” Informazioni dove il MIUR sottolinea l’obbligatorietà e l’urgenza di trasmissione, ignorando che tutto quello che viene chiesto di sapere dovrebbe già essere da anni bagaglio a seguito di una scuola nuova e, soprattutto, innovativa.

Seppellito il sapere di un popolo

Paradossalmente stiamo assistendo all’ammissione implicita del Governo di non aver mai dotato le scuole degli indispensabili mezzi e materiali dei quali non si può oggi fare a meno. L’altisonante Ministero Istruzione Università e Ricerca, scarica sulla scuola e sui docenti le proprie colpe e superficialità, che da decenni hanno seppellito il sapere di un popolo. Relegato nel mio sconforto, ribadisco: dove si trovava il MIUR e dove sono stati i nostri politici in questi ultimi decenni, quando gli abbiamo con forza urlato nelle orecchie la necessità e l’urgenza di una scuola diversa, nuova, adeguata, in linea con le esigenze di chi continuava a crescere e cambiare, reclamando informazioni, formazione, e, soprattutto, attenzione? Tutti i docenti, oggi, con iniziative personali o collegiali, in un rispettoso silenzio, stiamo lavorando come abbiamo fatto sempre, con la piena coscienza e consapevolezza che senza la scuola il nostro Paese sarebbe stato un deserto culturale, come le menti di alcuni politici.

Nicola Belfiore