Messina stava per vivere il terzo Natale mesto, senza colori, specchio di una crisi che sembrava non voler finire. Ma, inaspettatamente, accaddero cose che nessuno avrebbe mai potuto immaginare, in pochi giorni la realtà superò la fantasia e Messina si apprestò a vivere il Natale più pazzo del mondo.
Un giorno d’inizio dicembre del 2015, i vertici dell’Ente Teatro Vittorio Emanuele si svegliarono con un problema: c’erano quasi 900 mila euro da recuperare in 30 giorni, prima della notte di San Silvestro, per far quadrare il bilancio previsionale e non sapevano cosa fare per ottenere il placet dei revisori dei conti. Poi, improvvisamente, si accese la lampadina: se il Comune con un Piano di riequilibrio di fantasia, era riuscito a convincere revisori dei conti e Ministero dell’Interno che l’Amam e l’Atm sono in grado di fare soldi a palate, perché non doveva riuscire nel miracolo creativo anche il Teatro? Fu così che iniziò il Natale più pazzo del mondo, che trasformò la grigia Messina ed un periodo “squallidino” (copyright Emanuele Rigano) nel Paradiso delle 7 note. Sovrintendente, presidente e Cda si misero al lavoro per predisporre un programma che avrebbe allietato i messinesi e risolto il problema del bilancio, almeno sulla carta. L’inizio non fu dei migliori perché il primo nome della lista,Rosario Fiorello il 13 al Palasport, sfumò in pochi minuti. Scoprirono che aveva date impegnate fino al 2018 e non aveva né il dono dell’ubiquità né quello del teletrasporto e soprattutto non era telepatico pertanto non aveva neanche saputo di essere stato invitato.
Decisero quindi di concentrarsi sul piatto forte della programmazione, ovvero, il Capodanno a pagamento a Piazza Duomo. Una vera chicca che avrebbe mandato in sollucchero i messinesi pronti a sborsare qualsiasi cifra per ascoltare a pagamento quel che pochi metri dopo altri avrebbero potuto ascoltare gratis. Ma i vertici del Teatro non avevano intenzione di lasciarsi scoraggiare dalle prime difficoltà, anzi pensarono ad un Capodanno a macchia di leopardo, con concerti in ogni piazza. Il costo del biglietto sarebbe stato con la moneta complementare, quel tallero peloritano tanto caro all’assessore Perna. Si misero quindi di buona lena a cercare nell’album Panini riservato agli artisti degli ultimi 50 anni per accontentare un’ampia fascia di età. Da Iva Zanicchi a quel che resta del Quartetto Cetra passando per gli U2 e gli Zero assoluto gli uffici del teatro si riempirono di brochure, archivi storici della canzone, locandine.
Dopo interminabili riunioni si decise: Al Bano e Romina per il Capodanno a Piazza Duomo. Se in Russia avevano fatto battere il cuore dei nostalgici di Felicità figuriamoci nella periferia dell’impero. Con 30 talleri peloritani a biglietto si sistemavano i bilanci per i prossimi 3 anni. Ma non finì lì. Contemporaneamente si pensò di far cantare I Pooh a Piazza Castronovo e Umberto Smaila con le Ragazze Cin cin (con il passare degli anni divenute Milf) a piazza del Popolo. Il colpaccio fu riuscire a scritturare per il pomeriggio di Santo Stefano Cristina D’Avena pronta ad esibirsi con una cinquantina di componenti della Puffi’s band a Piazza Cairoli. A questo punto non restava che costringere gli spettatori a pagare per qualcosa che tutti gli altri avrebbero visto gratis. All’inizio si pensò d’insonorizzare Piazza Duomo e costruire una mega cupola di plexiglass ma l’ipotesi era troppo costosa. L’alternativa sarebbe stata quella di transennare le vie laterali con il filo spinato e sparare a vista a chiunque si fosse avvicinato e a quanti avessero utilizzato balconi e terrazze dei palazzi che si affacciano sulle Piazze, nonché chiudere tutti i locali e murare portoni e finestre, compreso il Duomo per evitare i furbetti e i bagarini. Alla fine si decise di far firmare agli artisti un contratto con il quale erano obbligati a cantare piano e il Cda del Teatro fece 3 giorni di prove per verificare fino a quale fila si potesse sentire bene. Furono assunti 120 precari-cecchini con l’ordine di sparare a vista a qualsiasi cosa si muovesse nei balconi (fu così che morirono dopo una lunga carriera Dina e Clarenza, fan sfegatate di Romina, beccate da un proiettile mentre applaudivano). Ultimo intoppo reperire 30 mila sedie e per risolverlo la richiesta venne inserita nel Masterplan di Babbo Natale che non ha nulla a che invidiare, quanto a fantasia, a quello del governo.
L’idea del Teatro Vittorio Emanuele piacque moltissimo ai Comuni della Città Metropolitana tanto che Cateno De Luca decise di portare i Pooh al Palabucalo per il loro ultimo concerto. Previsione 10 mila spettatori per 60 euro a biglietto e poiché il PalaBucalo fa massimo 2000 posti il sindaco di Santo Teresa, che è avanti rispetto a tutti gli altri, fece abbattere una parete per ricostruirla in 5 ore il giorno dopo il concerto. Gualtieri Sicaminò puntò su Riccardo Fogli, in competizione con I Pooh che in scaletta non avevano voluto mettere Piccola Ketty.
Il sovrintendente aveva pensato anche di chiamare Roberto Vecchioni, sull’onda delle polemiche per la frase “isola di m…” ma sull’artista ormai c’era una taglia da 1 milione di euro “vivo o morto” se avesse messo piede in Sicilia ed inoltre aveva appena fondato l’associazione Liberate l’ostaggio Crocetta. Il movimento era nato dopo che il governatore aveva replicato al cantautore facendosi fotografare nella spiaggia di Tusa in costume da bagno con tanto di copia del Giornale di Sicilia con la data per attestare che trattavasi proprio di una giornata di dicembre. Una foto molto più simile a quella che viene mandata ai familiari degli ostaggi che ad una sfida con il papà di Samarcanda. In realtà ad essere in ostaggio più che il governatore è il popolo siciliano, ostaggio di Crocetta e di Pd-Udc-Megafono-Sicilia Futura-Sicilia Democratica-Ncd che pur di non andare al voto preferiscono ucciderci lentamente. Sfumò quindi Vecchioni ma in compenso l’Ente Teatro fece il colpaccio di accaparrarsi Frank Sinatra per Pasqua, una sorta di evento spiritico in coincidenza con la Resurrezione. Tempostretto collaborò all’iniziativa destinando 57 biglietti di prima fila al concerto di Al Bano e Romina, 14 di quinta fila a Piazza del Popolo più altri 5 nel balcone della signora La Fauci sfuggita ai cecchini, ai vincitori del concorso: “manda anche tu un selfie a Vecchioni”. Uno degli 11 soci di Tempostretto inoltre, Diego Indaimo, guest star del musical San Francesco che il 24 dicembre si esibiva in 3 siti diversi, garantì la sua presenza a Piazza don Fano, rimasta inopinatamente senza eventi dopo il secco di no di Patty Pravo.
Mentre tutti erano indaffarati nei preparativi scoppiò un nuovo caso Piemonte.
Il direttore generale del Papardo Michele Vullo, ormai noto in città come “#chiudotuttoio”, dopo aver chiuso il punto nascita del Piemonte decise di fare altrettanto con la grotta del presepe di Palazzo Zanca, da lui considerata la “mamma di tutti i punti nascita”. A suo dire il bue e l’asinello non erano da considerarsi impianti di riscaldamento a norma. Non sentì ragioni e mandò i suoi uomini a chiudere la grotta. Quando però gli uomini di Vullo armati di nastro isolante andarono al Comune trovarono il presepe in subbuglio. San Giuseppe infatti aveva appena annunciato il suo passaggio a Forza Italia e stava litigando con la Madonna che avrebbe preferito restare nel Pd o al massimo passare al gruppo misto. San Giuseppe cercava di convincere la moglie che il Pd è contro la famiglia tradizionale e che di recente hanno anche iniziato a mangiare i bambini. Il primo a seguirlo fu lo zampognaro che sperava in un provino a Canale 5 mentre la guardiana con le oche iniziò a tremare per la paura che gliele rubassero per farle esibire come veline. Poiché la coppia rischiava il divorzio intervennero un po’ tutti, dagli angeli che proposero un transito nell’Udc per accontentare capra e cavoli fino ai Re Magi che sostenevano che destra e sinistra non esistono più e che tra Renzi e Berlusconi non c’è nessuna differenza. Frattanto nasceva il Comitato salvare la grotta del presepe ed all’Ars i deputati presentarono il ddl “Salva Grotta” per l’accorpamento del presepe del Comune con quello di Cristo Re. Il ddl fu subito impallinato dalla corrente politica di quelli che sostenevano che era preferibile accorparlo al presepe di Sant’Antonio. Scoppiò un altro putiferio e venne chiesto l’intervento dell’assessore Gucciardi e del ministro Lorenzin. I due appena si resero conto della nuova telenovela si guardarono negli occhi ed in messinese dissero: miii che camurria…
P.s. la vera notizia fu che per un mese Libero Gioveni non fece neanche un’interrogazione. L’arcano fu scoperto il 9 gennaio quando, a feste finite, venne trovato murato dentro un portone di piazza XX settembre dove si pensava si dovesse esibire Pupo che però all’ultimo momento aveva deciso di cantare a Ragusa, ma ormai gli operai avevano già sigillato la piazza.
Ndr. questa cronaca è frutto del contributo a più teste, Marco Bellantone, Francesca Stornante, Carmelo Caspanello, Diego Indaimo, Silvia De Domenico, un copyright collettivo per augurare ai lettori di Tempostretto Buone Feste sorridendo un po’ dei nostri piccoli guai….
Rosaria Brancato