C’è anche un’impronta messinese nella nazionale italiana di Roberto Mancini, che questa sera sarà impegnata a Monaco di Baviera contro il Belgio nei quarti di finale degli Europei.
Pino Irrera, classe 1961, ha un curriculum invidiabile. Il suo motto è “puntare in alto”, con orgoglio ricorda la polvere che ha mangiato e le tante delusioni che lo hanno fatto crescere. La sua più grande soddisfazione? La vittoria della Supercoppa Italiana, a Doha, contro la Juventus: «Sono nato e cresciuto a Messina, precisamente a Camaro Inferiore – racconta – e ho iniziato a giocare a pallone da bambino. Ho cominciato proprio nel Camaro, poi sono stato ceduto al Messina e ho giocato anche con Savoia, Giarre, Modena, Trapani e Villafranca. E soprattutto con il Licata di Zdenek Zeman. A proposito, sono felicissimo che il mister sia tornato ad allenare a Foggia. Lui non passerà mai di moda e il suo calcio offensivo, genuino e divertente sarà sempre attuale, così come i suoi allenamenti. È un genio».
Appesi gli scarpini al chiodo, Pino iniziò la sua carriera da allenatore. Sempre dal basso: «Da calciatore sono partito dalla Promozione e sono arrivato in serie B, da tecnico sono partito dalla Promozione e ho vissuto tutte le categorie fino alla serie A. Mi ritengo fortunato, ma sono stato anche bravo a crederci sempre e a non mollare mai. E sono orgoglioso della gavetta che ho fatto». Ha allenato il Villafranca in Promozione e in Eccellenza, il Giarre in Eccellenza, ha fatto il vice ad Acireale e ad Avellino, ha allenato Messina, Gela. Igea Virtus e Milazzo, ha guidato la “Primavera” del Catania e ha collaborato con il club etneo per ben 11 anni. Scrivendo la storia: «A Catania ho collaborato con Maran, De Canio, Sannino, Marcolin, Atzori e Pellegrino, ho avuto l’onore e il piacere di collaborare anche con Vincenzo Montella, Walter Zenga, Sinisa Mihajlovic e Diego Simeone, fresco vincitore della Liga alla guida dell’Atletico Madrid. Simeone era un grande lavoratore, un perfezionista, un vero fuoriclasse. Per lui parlano i risultati, fu una grande intuizione di Pietro Lo Monaco che a tutti i costi volle portarlo in Sicilia. A Catania mi occupavo della fase difensiva e dei calci piazzati e nella nostra migliore stagione realizzammo ben 10 gol da palla inattiva, con Nicola Legrottaglie che segnò 8 reti in 2 anni. Fu Vincenzo Montella, in quella stagione, ad abbassare Ciccio Lodi, reinventandolo playmaker. Prima era un trequartista. Poi costruì una carriera da mediano».
Proprio alle pendici dell’Etna, Pino ha conosciuto Vincenzo Montella, l’aeroplanino di Pomigliano d’Arco, che nella stagione 2016-2017 lo richiamò con sé al Milan.
A Irrera il compito di curare la fase difensiva, i calci piazzati e gli schemi e visionare le squadre avversarie: «Dai campi polverosi della Sicilia sono arrivato all’Olimpo del calcio, “San Siro”. Ma con l’umiltà di sempre».
Con un “gioiello” in casa: «Proprio quell’anno lanciammo un giovanissimo Manuel Locatelli, appena diciottenne, preferendolo al più esperto Montolivo. Quell’anno Manuel fece 2 gol in 28 partite e giocò da titolare la Supercoppa Italiana che vincemmo a Doha, ai calci di rigore, contro la Juventus. In allenamento abbiamo subito notato le sue potenzialità, giocava a testa alta, aveva un’educazione fuori dal comune, un bel fisico e una grandissima intelligenza. Aveva la personalità di un veterano e soprattutto è saputo entrare in prima squadra in punta di piedi. Non capita tutti i giorni di giocare titolare al “Meazza” a 18 anni. Lui aveva tutte le carte in regola per diventare una “bandiera” del Milan, ma poi la società decise di cederlo al Sassuolo e oggi tutte le “big” europee se lo contendono».
E anche un Gianluigi Donnarumma ancora minorenne, dopo essere stato lanciato da Mihajlovic l’anno precedente, giocò con Montella e Irrera la sua prima stagione da titolare tra i “grandi”. Mostrando le sue immense qualità e mettendo la sua firma nella vittoria della Supercoppa Italiana: «Sinisa è stato bravo a credere in lui e a lanciarlo, noi gli abbiamo dato fiducia confermandolo. Gigio aveva un potenziale immenso e si vedeva, giocava spensierato, in allenamento era quasi impossibile batterlo e soprattutto in questi anni è riuscito anche caratterialmente a rafforzarsi. E in quella stagione contribuì in maniera importante alla vittoria della Supercoppa parando un calcio di rigore a Dybala. Oggi è davvero il miglior portiere al mondo e ha ancora ampi margini di miglioramento. Al Milan inoltre rigenerammo Bonaventura e lanciammo Calabria, anche lui nel giro della nazionale, e Andrè Silva, neo attaccante del Lipsia, autore lo scorso anno di 28 gol in Bundesliga con l’Eintracht Francoforte. Mister Montella avrebbe meritato una maggiore fiducia, anche perché arrivammo sesti, qualificandoci in Europa League, e pian piano stavamo riuscendo a costruire qualcosa di importante. Non dimentichiamoci neanche che a Doha, in Supercoppa, segnò il rigore decisivo un giovanissimo Mario Pasalic che oggi brilla con l’Atalanta di Gasperini e con la nazionale croata. E che l’anno successivo lanciammo noi sin da subito Hakan Calhanoglu, al suo primo anno in Italia. Adesso, dopo un fisiologico ambientamento, ha mostrato le sue grandi doti tecniche e tattiche ed è stato acquistato dall’Inter».
Irrera tornò a collaborare con Montella a Firenze, nel 2019, quando alla Fiorentina lanciò Gaetano Castrovilli, anche lui tra i 26 azzurri di Mancini, e allenò la stella della Juventus e della nazionale italiana Federico Chiesa: «Castrovilli aveva giocato in B con il Bari e la Cremonese, doveva essere ceduto in prestito, ma noi abbiamo deciso di tenerlo a tutti i costi, arretrando il suo baricentro e trasformandolo in una mezzala offensiva. È un giocatore straordinario che può migliorare ancora tanto. Neanche lui sa quanto è forte. Chiesa lo allenammo nel suo ultimo anno in “viola”, prima che passasse alla Juventus, con noi giocava da seconda punta nel 3-5-2 o da esterno, sia a destra che a sinistra, nel 4-3-3. Anche lui nell’ultimo anno è cresciuto in maniera esponenziale e può fare ancora meglio. È forte fisicamente, dinamico, sa calciare con entrambi i piedi e non molla mai. E soprattutto è un ragazzo educatissimo. Massimiliano Allegri saprà raffinarlo ulteriormente. Sempre a Firenze lanciammo Dragowski in porta, dandogli fiducia pur essendo reduce da una retrocessione in B con l’Empoli, Sottil e Ranieri che oggi giocano in pianta stabile nella nazionale under 21, ma soprattutto Dusan Vlahovic, che adesso è nel mirino di mezza Europa. Ecco, lui è un altro che può diventare un fuoriclasse. Con lui abbiamo lavorato tantissimo, sia tecnicamente che caratterialmente, e oggi è uno dei migliori centravanti in circolazione in Europa».
Oggi Pino Irrera è ai box e non vede l’ora di tornare in pista: «Con orgoglio posso dire di essere l’unico messinese ad aver vinto una Supercoppa Italiana e l’unico ad aver esordito come allenatore in tutte le categorie, dalla Promozione alla serie A. Il mio unico sponsor è la mia professionalità. Mi piacerebbe tornare in panchina già dalla prossima stagione, a prescindere dalla categoria, perché il calcio è bello sempre e comunque, e ovunque. Cerco un progetto che mi dia stimoli e motivazioni. Intanto mi godo la nostra nazionale e quei ragazzi che ho visto crescere…».