REGGIO CALABRIA – «Nella Sanità calabrese, ormai da tempo, si fronteggiano ad armi pari le duplicazioni di pagamenti e i soldi non spesi. Questo il quadro desolante emerso dalla relazione del Procuratore regionale della Corte dei Conti, Maria Rachele Anita Aronica». Il riferimento di Carlo Tansi, che in una nota diffusa alla stampa punta l’indice contro fenomeni di questo tipo,è all’inaugurazione dell’anno giudiziario, tenutasi ieri. E ad alcune delle questioni rimarcate dal procuratore Aronica.
Uno scenario «disastroso e particolarmente preoccupante», afferma il leader di Tesoro Calabria, in quanto «sono state sottolineate le gravissime disfunzioni presenti nel settore sanità anche nel 2021 puntando il dito contro la mala gestione e la disorganizzazione che diventano, inevitabilmente, “fonte di malagestio e terreno fertile per la criminalità organizzata che trova nutrimento in questi fenomeni, prosperando ancora di più”».
In dettaglio, il procuratore regionale della Corte dei conti ha acceso un faro sulla mancata presentazione dei bilanci dell’Asp di Reggio Calabria per ben sei anni, dal 2013 fino al 2018, e dell’Asp di Cosenza in relazione agli esercizi 2018 e 2019. Mentre l’alto magistrato ha osservato che «“per il 2020, tutte le aziende del servizio sanitario calabrese chiudono in perdita” e che “le Asp di Reggio Calabria e Catanzaro sono state pure commissariate per infiltrazioni mafiose”».
Peraltro, le Aziende sanitarie in molti casi hanno «“sborsato somme per crediti già pagati o addirittura insussistenti e corrisposto importi considerevoli (si parla di parecchi milioni di euro) come conseguenza della mancata opposizione a decreti ingiuntivi divenuti poi esecutivi”».
Una cancrena che ha visto duplicazioni di pagamenti e prestazioni extrabudget non dovute, transazioni per crediti già estinti e indennità al personale non spettanti produrre perdite per 65 milioni di euro, mentre – così si legge in relazione – «“la maggior parte delle risorse assegnate per l’emergenza Covid, pari ad euro 115 milioni, non sono state utilizzate, in quanto ben 77 milioni sono ancora accantonati nei bilanci delle Aziende”».ù
«Chi paga tutto questo? – si chiede Tansi –. Sicuramente i cittadini calabresi perché in questa regione, da tanti anni ormai, il diritto alla salute non è un diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione, perché i livelli essenziali di assistenza non raggiungono nemmeno il minimo, perché bisogna emigrare per avere diritto alla cura anche per gli interventi non particolarmente complessi, perché la salute è in mano alla criminalità.
Tesoro Calabria ha denunciato e continua a farlo – rileva l’ex capo della Protezione civile regionale –. Ha denunciato la chiusura di 18 ospedali , cancellati con un colpo di spugna dalla sera alla mattina, le liste d’attesa lunghissime, i pronto soccorso che sono diventati, soprattutto con il covid, dei veri e propri gironi infernali, le infiltrazioni della ‘ndrangheta in forniture ed appalti».