Omosessuali nella ‘ndrangheta? Certo, come in ogni ambito anche la criminalità organizzata – checché ami raccontare di se stessa – non è “zona franca” per soli machos.
Torna – per l’ennesima volta – sul punto il giornalista e massmediologo Klaus Davi, già candidato sindaco di Reggio Calabria. E stavolta ci torna quasi costretto. «Il pentito Andrea Mantella ieri ha fatto delle importanti dichiarazioni nell’ambito del processo epocale “Rinascita Scott” imbastito meritoriamente dalla Procura di Catanzaro. Molto rilevante è la sua dichiarazione su Filippo Gangitano, fatto sparire nel 2002 perché gay, e dobbiamo dire grazie a Mantella se la vicenda torna a galla dopo che era stata seppellita nel dimenticatoio. Quello che non mi trova assolutamente d’accordo è la rappresentazione che il pentito dà dell’omosessualità nella ‘Ndrangheta. La dipinge come una sorta di colpa da nascondere e di rarità mentre posso assicurare che è molto diffusa anche tra i suoi ex picciotti di Vibo. Soprattutto che la rappresentazione del mafioso macho la dobbiamo all’isterismo dei boss che negano l’evidenza e negano la storia, più che alla verità. Mantella fa finta di non ricordare le abitudini trasgressive del noto boss milanese. Dimentica – asserisce ancòra Davi – che un esponente di una famiglia di ‘ndrangheta di Reggio Calabria è stato costretto a sposarsi e a fare un figlio con l’inseminazione artificiale. Ignora (ma non ci credo, nella mafia tutto si sa) che nelle famiglie blasonate ex alleate il poco ortodosso sport dello scambismo non è proprio una rarità, per non parlare di altre forme di trasgressione come il travestitismo. Insomma, caro Mantella, diciamo una volta per tutte le cose come stanno: il maschio alfa della ‘ndrangheta non esiste. È un’invenzione delle ‘ndrine, un’ennesima forma di manipolazione».