Nella seconda metà di marzo il presidente cinese XI Jinping sarà in Italia nell’ambito di una serie di incontri in Europa che hanno un comune denominatore: la Via della Seta, il grande progetto di espansione commerciale e d’investimenti cinesi dal sud-est dell’Asia fino all’Europa. L’asse commerciale mondiale infatti si sta spostando dall’0ccidente verso Oriente.
Il Corriere della Sera ha pubblicato un’intera pagina all’importanza della visita di Xi Jinping a Roma (poi si sposterà a Parigi) il prossimo 22 e 23 marzo.
La versione moderna della Via della Seta ( One Belt and One Road Initiative), lanciata da Pechino nel 2013, passa anche per l’Italia, puntando dritto a Trieste ed all’Adriatico settentrionale.
Pechino ha in programma d’investire 13 miliardi in Italia e la firma del memorandum d’intesa sulla Via della Seta a quanto pare non è lontana.
Mentre da anni in riva allo Stretto si discute, i fatti sono altrove e grazie anche ad una riforma dei porti che l’ex ministro Delrio ha voluto in modo “strabico”, Messina viene tagliata totalmente fuori.
Messina, porta del Mediterraneo, resta fuori dalla Via della Seta.
Stiamo parlando di miliardi di euro e del traffico commerciale del futuro.
Xi è al lavoro da tempo sul suo progetto che al momento ha portato ad un volume d’investimenti di 210 miliardi di dollari.
La nuova “rotta” è su un duplice binario: via terra e via mare.
La rotta via mare dai porti di Canton, Malacca, di Singapore, Sri Lanka, attraverso il canale di Suez (che è stato ampliato) fino all’Adriatico settentrionale (Trieste), passando dal porto del Pireo ormai controllato da Pechino attraverso l’azienda Cosco.
In parole povere dal Pireo la Via della Seta tira dritto su Trieste.
Finora la Cina ha raggiunto l’accordo con 4 Stati Europei: Ungheria, Polonia, Portogallo e Grecia (in totale sono 71 i Paesi che finora hanno aderito nel mondo). Adesso tocca all’Italia e la due giorni di marzo ha come obiettivo la possibilità di avvicinarsi alla sigla dell’intesa.
Quello che stupisce, e rammarica, è che la straordinaria opportunità di rilancio, bypassa totalmente quello che è stato il cuore del Mediterraneo, cioè Messina.
La nuova Via della Seta, secoli dopo, tocca la Grecia, interessa il Portogallo, ma preferisce optare per Trieste, dove si sta puntando a coinvolgere la Cina per aumentare le capacità delle infrastrutture.
Questa è una delle conseguenze negative della riforma portuale voluta da Delrio guardando al nord, a vantaggio della sua Liguria e di Trieste. Il tutto sotto il naso della politica siciliana che ha avallato una visione che ha portato all’emarginazione della nostra città. In realtà è stata portata a termine la progressiva emarginazione dello Stretto avviata nei decenni precedenti.
A guardare con entusiasmo alla visita del presidente cinese è il sottosegretario allo sviluppo economico Michele Geraci (Lega), che giustamente intravede nell’intesa una grande opportunità per le imprese italiane. Peccato che Geraci sia siciliano, palermitano per l’esattezza. Lega e M5S stanno per chiudere l’accordo a vantaggio di Trieste. Al di là di facili campanilismi se ci fossimo battuti in modo intelligente e lungimirante nei decenni passati, anche quando ci facevamo sfilare la possibilità di essere porto-core, per non parlar del resto, adesso racconteremmo un’altra storia, riportando nel Mediterraneo un tratto di Via della Seta.
Mentre il mondo va avanti senza di noi, ci trastulliamo litigando sul Ponte, sulle ore di ritardo dei treni, sulla guerra dei porti tra Messina e Reggio.
E ci accontentiamo delle briciole. Peggio, degli annunci delle briciole.
Rosaria Brancato