MESSINA- Via al processo d’appello dell’operazione Marketplace, l’inchiesta della Squadra Mobile di Messina sul giro di droga h24 nelle palazzine di via Seminario Estivo a Giostra. Il vaglio di secondo grado riguarda gli imputati che avevano optato per il rito abbreviato, in primo grado, ed ora attendono il verdetto d’appello che dovrebbe arrivare entro Pasqua. Oggi la parola è toccata all’Accusa.
Il procuratore generale ha sollecitato la conferma del verdetto di primo grado per quasi tutti, con qualche aggiustamento. In sostanza ha chiesto che la condanna venga ricalcolata, escludendo l’accusa di traffico di droga o riconoscendo l’assoluzione per qualche altra accusa, per: Federico Russo (condannato a 8 anni e 4 mesi in primo grado), Concetta Assenzio, Ramona Assenzio (un anno e 4 mesi), Alessia Stracuzzi (2 anni), Giuseppe Bonanno (18 anni), Sandro Minutoli (12 anni e 5 mesi). L’Accusa ha poi sollecitato la completa assoluzione di Daniela Monti, condannata in primo grado a 2 anni, difesa dall’avvocato Giovanni Mannuccia.
Si torna in aula nelle prossime settimane, con un calendario programmato fino a marzo, per sentire i difensori. Di seguito, invece, il verdetto emesso in primo grado , che risale all’aprile dello scorso anno, per tutti quelli per i quali la Procura chiede la conferma.
A portare gli investigatori sulle tracce dello spaccio è stato l’agguato a Gaetano e Paolo Arrigo, padre e figlio, il 25 gennaio 2017. Già nel settembre 2016 un altro componente della famiglia Arrigo aveva subìto un attentato simile e, in un’altra occasione, dentro un bar, venivano esplosi colpi d’arma da fuoco verso persone lì riunite, che avevano precedenti di polizia. Tutto a Giostra. Era chiaro agli investigatori che era in corso un vero e proprio scontro per la leadership in un affare criminale del rione.
Le cimici collocate dalla polizia nelle palazzine di via Seminario Estivo, che il pentito Minardi definì appunto “la Scampia di Messina”, svelarono lo spaccio continuo, giorno e notte, negli atri e nei cortili, di cocaina, marijuana, hashish, skunk. Una “roccaforte”, munita di videosorveglianza per controllare gli accessi e, tramite schermi in casa, l’eventuale presenza delle forze dell’ordine. Per evitare presenze indesiderate, anche le vedette e il “passaparola” tra i condòmini e i clienti. Il giorno della retata è scattato anche il sequestro di denaro, auto e altri beni per 300 mila euro.