MESSINA – Una delle più grandi sorprese del Natale messinese è stato il villaggio di Santa Claus realizzato a Mazza San Nicola. Il paese “fantasma”, come più volte è stato ribattezzato a causa di uno spopolamento quasi integrale, ha accolto centinaia di visitatori nei tre giorni di apertura, con tanti bambini a portare le proprie risate e la propria gioia tra le antiche mura del villaggio ormai abbandonato, dove hanno visitato la casa di Babbo Natale.
Un successo che ha spiegato a Tempostretto padre Giuseppe Giunti, sacerdote della comunità e tra i fautori del villaggio: “L’idea è nata lo scorso anno. Ho avuto questa intuizione per il nome del luogo, legato a San Nicola. Volevamo dare attenzione a questa figura, allestendo il villaggio e dicendo alle persone che San Nicola e Babbo Natale sono la stessa persona. L’anno scorso non siamo riusciti ad allestirlo, ma quest’anno grazie anche al supporto del presidente della sesta municipalità, Francesco Pagano, ci siamo riusciti. Ci siamo messi in gioco sin dal mese di ottobre, chiedendo la disponibilità di associazioni e persone comuni. Ci siamo dati appuntamento ogni fine settimane per ripulire il villaggio e le case, ripristinando anche alcuni danni causati dagli incendi e mettere in sicurezza. Lavoro pesante? Sì, abbastanza”.
“Tanti anni di abbandono non ci hanno agevolato – ha proseguito padre Giunti -. Ma c’è stata tanta collaborazione. Abbiamo cercato di creare un fondo cassa con una raccolta porta a porta, chiedendo una piccola offerta per avere fondi con cui partire. Intanto avevamo presentato un progetto al Comune relativamente ai bandi per il Natale. Settimana dopo settimana abbiamo messo in piedi tutto ciò che i visitatori hanno visto. Non ce l’aspettavamo una risposta così importante. La domenica c’è stata una marea umana, tant’è che si è creata molta fila alla casa di Babbo Natale. Però è stato davvero bellissimo. Abbiamo ricevuto tanti complimenti, anche da chi abitava più lontano. C’è chi passava soltanto dalla strada provinciale senza mai visitare il paese. Sono venuti da Barcellona, da Milazzo, ha riscosso un grande successo, probabilmente anche allo spazio che ci è stato dato e il risalto dopo la conferenza stampa”.
Ed è stato anche un modo per riscoprire una parte di Messina che tanti messinesi non conoscono: “Sono dei luoghi pieni di storia, di arte, di tradizioni. Parliamo di storie sconosciute anche ai nativi di Massa. Ho cercato in questi anni di raccontare queste bellezze anche a loro. Andrebbero attenzionate di più? Sì, ma a essere sinceri negli ultimi anni qualcosa si è mosso e c’è maggiore attenzione da parte dell’amministrazione. Ci sono ritmi diversi, basta pensare che su quattro villaggi ci sono appena 600 abitanti. A Massa San Giovanni sono rimasti tra i 90 e i 100 abitanti. I villaggi tendono a spopolarsi e il rischio è che quanto successo a Massa San Nicola capiti anche alle altre ‘Masse’. Però viverci è stupendo, si crea un clima familiare ed è molto bello stare tutti insieme e conoscere tutti”.
Poi uno sguardo al futuro: “Al 2024 chiederei una cosa particolare da sacerdote, cioè più comunione tra le famiglie. Quando si è in pochi a volte si vive meglio ma allo stesso tempo nascono diverse discussioni. Anche in piccole comunità come la nostra c’è tanta gente che convive, ma non condivide. Capita che si creino situazioni pesanti. Vorrei che si ricucissero i rapporti, perché non siamo a compartimenti stagni: andiamo avanti come unica comunità, un’unica Massa. Ho avuto anche resistenze a volte da questo punto di vista, ma tanta gente ha apprezzato e apprezza questo stile, lo ha sposato e ha scoperto che a distanza di due curve ci sono persone su cui poter contare e fare affidamento ogni giorno nella vita quotidiana. Magari prima ognuno stava a casa propria e finiva lì”.
E infine un dato anagrafico. Padre Giuseppe Giunti ha 35 anni. Quant’è stato difficile per un giovane rapportarsi a una comunità con un’età media avanzata? “Non è stato semplice. All’inizio c’è stato molto fervore, perché le novità destano sempre attenzione. Ma chiaramente avere una mentalità da giovane, o comunque giovanile, si può scontrare con mentalità magari un po’ più chiuse, dove difficilmente si esce a osservare il mondo. Io ho cercato di portare ciò che sono e ora tanta gente sta camminando insieme a me ed è felice. Ci sono difficoltà, ma c’è sempre la gioia di una comunità che comprende come il cambiamento a volte migliora le cose. Riaggiornarci ci aiuta, non bisogna rimanere fossilizzati nel passato”.