Cultura

La storia di Don Giovanni d’Austria, che da Messina partì per la sua impresa più grande

Don Giovanni d’Austria ce l’aveva la stoffa del re? Sì, decisamente: era forte e valoroso in battaglia, mite nel giudizio, dotato di pazienza e calma, rispettoso dei maggiori e dei sapienti, generoso con i subalterni e clemente con i nemici; e diventare re era il suo desiderio più grande. La sua storia, è una storia di combattimenti per acquistare un titolo, una corona e uno stato; una vera epopea che ancora nessuno ha messa in versi. Vogliamo raccontarla, essendo particolarmente legati noi Siciliani al suo ricordo, perché dal portò di Messina partì per la sua impresa più grande e nel porto di Messine rientrò vincitore.

Le sue origini

Giovanni era un figlio illegittimo dell’imperatore romano Carlo V d’Asburgo – l’uomo dall’impero talmente esteso che non vi tramontava mai il sole –, nato da una popolana bavarese a Ratisbona e cresciuto in incognito in Spagna. Il padre nel testamento aveva disposto che il suo legittimo erede Filippo d’Austria (Filippo II re di Spagna) riconoscesse Giovanni come fratello e lo trattasse quale membro della casata reale; effettivamente il Re ebbe cura di lui, ma non gli concesse titoli di nobiltà, soltanto il trattamento don e il cognome Austria (ovvero gli Asburgo di Spagna).

La brillante carriera militare

Tuttavia divenne un uomo potente con una brillante carriera militare, perché dove andava vinceva e con clamore. Si può comprendere cosa passasse nella sua mente, quando pensava al fratellastro che in più di lui aveva soltanto l’essere nato da matrimonio regale e dall’essere più grande di vent’anni, sufficiente a farlo sedere su metà dei troni d’Europa e un terzo dell’America; troni sui quali lui non si sarebbe mai seduto. All’imbarco come Comandante della Lega Santa per l’impresa greca che lo consacrò sull’altare degli eroi, don Giovanni aveva ventiquattro anni.

Il popolo siciliano lo voleva re

Quando don Giovanni torna vittorioso dalla battaglia di Lepanto, ove ha sbaragliato la flotta dell’imperatore ottomano Selim II, è al mondo l’uomo più osannato del pianeta; e fu proprio in quel frangente che dovette sorgere in lui il dolce richiamo dello scettro del potere, giacché spesso veniva chiamato principe e gli si rivolgeva con altezza. Fu la voce del popolo siciliano in quell’occasione a volerlo re per la prima volta, vedendo la sua flotta rientrare trionfante a Messina. Diventare Re di Sicilia però era fuori discussione: titolare era Filippo I, suo fratellastro nonché sovrano in nome del quale aveva compiuto l’impresa; il trono del Regno di Sicilia era già occupato, non c’era posto per un re Giovanni II di Sicilia.

Il momento propizio si presentò ad appena un anno dalla vittoria di Lepanto, quando i nobili dell’Albania, desiderosi di ribellarsi all’Impero Ottomano e rifondare un regno dopo la morte del loro celebre condottiero Scanderbeg, gl’offrirono la corona. Forse avrebbe accettato questa seconda occasione, ma Filippo gli “suggerì” – tradotto: gl’impose – di declinare l’offerta, e non sarebbe stato prudente non dare ascolto al fratellastro. Non ci sarebbe stato questo desiderato re Giovanni d’Albania, e non ci fu nemmeno un Regno d’Albania per più di trecento anni.

La conquista della Tunisia

Per togliersi di torno lo scomodo fratellastro, letteralmente Filippo spedì Giovanni in Africa per occupare Tunisi; strappata dall’Imperatore loro padre agli Ottomani, pochi anni prima Tunisi era stata riguadagnata per Selim dall’italiano Uluccialì, Governator-generale d’Algeri e Capitan-Pascià, ch’era stato fra i comandanti ottomani a Lepanto ed era sopravvissuto. Don Giovanni partì senza indugio e conquistò la Tunisia con sconvolgente rapidità. Non è chiaro quanto accadde dopo, ma sappiamo che alla faccenda s’interessò papa Gregorio XI: forse fu Giovanni a contattarlo perché lo appoggiasse nella creazione d’un nuovo Regno d’Africa che lo vedesse monarca, forse fu una sua idea porre il figlio di Carlo Augusto su quel trono strategico per la cristianità, fatto sta che il Pontefice si rivolse a Filippo II chiedendo che a don Giovanni fosse concessa la monarchia in Africa e nuovamente il Re rispose di no. Niente Regno di Tunisi, non ce ne sarà per trecento anni (e durerà un solo anno!), e niente re Giovanni di Tunisi.

Tempo dopo, Filippo, che dominava i Paesi Bassi meridionali ed era preoccupato per la riottosità di tale provincia del suo impero, decise d’inviarvi il fratellastro, le cui qualità erano note; Giovanni accettò, ma ponendo come condizione un azzardo più grande delle battaglie che aveva vinto: doveva essere lasciato libero di sposare Maria I Stuarda, ex-Regina degli Scozzesi. La battagliera Maria era imprigionata a Londra per volontà della cugina Elisabetta I Tudor, Regina d’Inghilterra, poiché anche lei aveva diritti su quello stato; questo significava che per sposare Maria di Scozia don Giovanni avrebbe dovuto allestire un’armata e sbarcare in Britannia, sconfiggere Elisabetta e offrire alla sposa il Regno d’Inghilterra, ed era ciò che intendeva fare. Anzi, già si preparava all’impresa e tesseva alleanza con il principe Enrico di Guisa in Francia per preparare l’invasione. Va da sé che sarebbe diventato lui stesso Re d’Inghilterra, e de facto padrone di tutta la Britannia; re Giovanni II d’Inghilterra, sarebbe stato. Ma questo, suo fratello Filippo non poteva accertarlo.

La morte in circostanze poco chiare

Don Giovanni d’Austria morì nel 1578; o meglio: fu morto. Aveva trentatré anni, la stessa di Alessandro Magno, e come lui deceduto in circostanze non chiare. Con ogni probabilità, re Filippo decise d’eliminare una volta per tutte il fratellastro, spavaldo rivale nel potere, temendo che se fosse diventato Re dei Britanni avrebbe potuto volgergli contro suoi i nuovi sudditi e prendersi tutti i regni che gli appartenevano, diventando un nuovo Imperatore; perciò, fece avvelenare Giovanni.

Non fu mai re ma…

Forse non fu re, don Giovanni d’Austria, ma suo trono incorruttibile sono i cuori delle genti, quelle che servirono sotto di lui, quelle che lo amarono, quelle che tutt’oggi gli tributano onori esaltandone la memoria, come un santo eroe dei tempi antichi.

Daniele Ferrara