Si parla ormai da anni dei tanti, troppi giovani (e non) che
lasciano Messina e la Sicilia, per i più disparati motivi. C’è chi cerca
lavoro, una stabilità per creare una famiglia, c’è chi insegue le proprie
ambizioni, arricchendo il proprio bagaglio culturale e raggiungendo anche
posizioni di spicco in aziende internazionali: tutti sono accomunati da una
sola discriminante, ci riescono soltanto lontano dallo Stretto. Una di queste
storie è quella di Ivan, volato via già da qualche anno e trasferitosi a Milano,
dove ha costruito, mattone dopo mattone, la propria carriera nel mondo del
“Food and Beverage”, fino a diventare un manager della Rinascente, una tra le
aziende più conosciuti ed importanti d’Italia.
Vivo lontano da circa 8 anni, mi sono trasferito a Milano nel
2013. All’epoca ho lasciato Messina perché mi è stata offerta una possibilità,
quella di confrontarmi con una realtà nuova come quella di Milano in un
progetto affascinate: quello della Bracioleria, un ristorante che si prefissava
di insegnare ai milanesi cosa fossero le braciole. Mi piaceva l’idea di portare
un po’ di messinesità lì in Lombardia. Questo ha influito tanto, unito alla
prospettiva di avere una stabilità dopo tanti anni di situazioni mai definitive
a livello contrattuale. Unendo le due cose ho pensato che fosse la scelta
giusta.
Il mio è stato un percorso piuttosto lineare. Ho cominciato nei villaggi turistici quasi per gioco, da animatore e istruttore di windsurf. D’estate lavoravo nei villaggi e d’inverno studiavo per laurearmi alla triennale in economia. Poi ho fatto il responsabile e dopo ancora il capo villaggio, un’esperienza molto formativa perché dovevo gestire, da giovanissimo, tante persone e un programma basato su più mesi. Ho lavorato poi in gioielleria, tra Catania e Messina, poi in radio, con vari programmi, ma ho fatto anche il vocalist per arrotondare e contestualmente divertirmi. In seguito è nata l’occasione della Bracioleria, esperienza estremamente formativa ma anche molto impegnativa. Da lì sono stato chiamato per aprire proprio a Milano il primo Moleskine Cafè al mondo. Sono stati due anni e mezzo intensi, abbiamo aperto anche un punto vendita ad Amburgo e mi sono ritrovato a viaggiare in Germania ogni mese. Quella del Moleskine Cafè è stata un’esperienza formativa che mi è molto servita, grazie anche al mio capo di allora, Andrea Vietri, che mi ha aiutato molto a crescere. Dal Moleskine sono poi approdato alla gestione del progetto food and beverage del Piccolo Teatro di Milano con la figura di Capo progetto per la gestione di un ristorante/cocktail bar molto antico in un posto bellissimo e suggestivo e gli altri due bar connessi ai teatri Strehler e Mariangela Melato. Per la prima volta ho avuto tutto io in mano, tutto il progetto: cosa fare, cosa comprare, quale budget investire, come strutturare la campagna pubblicitaria, che tipo di menù, come sistemare tavoli, sedie, ogni aspetto. È stato molto gratificante, finalmente potevo prendere delle decisioni e vedere che effetto avevano le strategie pensate e messe in pratica.
Sono stato chiamato poi da un Head Hunter, che cercava un Area manager per la Rinascente, al Duomo, al settimo piano. Mi hanno fatto una bella offerta, soprattutto con una prospettiva di crescita molto importante. Ho accettato di diventare capo area “food”, lì in Rinascente, azienda ancora più strutturata di Moleskine, con procedure complesse ma che mi hanno dato tantissimo a livello manageriale. Ciò che sono oggi a livello di competenze, analisi, elaborazione di dati, statistiche, vendita o presentazione di risultati è merito di Rinascente. Credo fortemente che questa sia l’esperienza più importante della mia vita al momento e sono consapevole di poter ancora imparare tantissimo. Parliamo di 12 ristoranti e io mi relaziono con tutti i direttori, interagisco per ogni problematica. A questo si aggiunge la grande distribuzione di lusso, con altissima qualità, eccellenze del territorio che possano rappresentare al meglio l’Italia nel mondo.
Quando torni in città, in luoghi dove hai vissuto più di 35 anni, è chiaro che senti quelle emozioni che hai provato in passato. I luoghi della spensieratezza, della leggerezza, è lì che torno sempre e lo faccio con grande piacere. A Messina continuo ad avere tante persone a cui tengo, oltre ai miei genitori. Purtroppo, però, continuo a non vedere sfruttato il potenziale di questa città. Prima scrivevo molto su facebook, mi arrabbiavo, e tanti mi dicevano di parlare di Milano, proprio perché abito più a Messina. Ma io sono orgoglioso di essere messinese e di rappresentare Messina a Milano e in Rinascente, dico sempre di essere siciliano e soprattutto di Messina, per questo mi arrabbio quando vedo come spesso è ridotta la nostra città. Messina ha delle potenzialità incredibili e mi fa rabbia non aver avuto la possibilità di poter sfruttare le mie capacità per poter aiutare la città a crescere, dando il mio contributo. Non so se tornerei mai, ma già il fatto di dover essere andato via mi brucia. Messina può avere possibilità incredibili ma è sempre stata gestita molto male. A volte ho pensato di voler fare qualcosa anche a livello politico, essere all’interno delle istituzioni, ma non sono il tipo. Ora guardo la città da lontano e mi dispiace vedere questo potenziale non sfruttato. Quando vado via provo sempre grande nostalgia, però sono anche felice di andare, sotto certi aspetti, perché purtroppo vedere così poco rispetto delle regole, dopo qualche settimana, per me diventa pesante. Anche Milano ha i suoi problemi, come Roma e tutta l’Italia, non è un denigrare il cittadino messinese, però a volte mi sembra che in tanti non vogliano far migliorare la città, la sporcano e la deturpano come se non gli importasse nulla di lei e del vivere civilmente. Purtroppo ho capito che non posso fare niente per cambiarla.
Ho pensato spesso a tornare, soprattutto nei momenti più complicati qui. Ci sono stati momenti duri nel mio percorso lavorativo a Milano e se non avessi avuto mia moglie accanto sarei tornato. Grandi meriti se sono qui sono di Giusy, senza di lei non sarei la metà dell’uomo che sono adesso e non avrei raggiunto la metà degli obiettivi che ho raggiunto. C’ho pensato, a tornare. Ma poi non ho trovato quella spinta in più, quelle realtà che mi avrebbero permesso di darmi quella sicurezza per costruire una famiglia e avere un luogo di lavoro duraturo e all’altezza delle ambizioni del singolo individuo. Inoltre non c’è possibilità di “riciclarsi”, se perdi il lavoro non è facile trovarne un altro e finisci sempre per accettare compromessi. Non mi va più di farlo.
Ai messinesi mi sento di dire una cosa che sembra banale, cioè di amare la città. Vuol dire non sporcarla, rispettarla, contribuire nel renderla più bella. Credo che amare la città in cui si vive sia la base, perché poi tutto il resto diventa più semplice. Spesso ho questa percezione, che tanti messinesi odino Messina, abbiano piacere a buttare il sacchetto dell’immondizia a terra, perché non la sentono propria, non hanno alcun legame con lei. Secondo me è questo che deve cambiare, bisogna inculcarlo alle nuove generazioni. Nel momento in cui si innesta un circolo virtuoso le cose belle vengono da sole. A chi amministra la città attualmente mi sento di dire che forse sarebbe più opportuno fare meno show, anche sui social, e mostrare più amore per i cittadini e la città. Serve meno propaganda, meno proclami e slogan, ma più interesse per quello che succede in giro. Il mio è un consiglio a tutte le amministrazioni: l’amore verso Messina andrebbe messo al primo posto.