In una nota di “Integrazionemigranti.gov.it” del 4 aprile scorso si legge: “In dieci anni (2014-2023), morti o scomparsi per annegamento oltre 65.000 migranti nel Mediterraneo”. E’ un dato impressionante che coincide sostanzialmente con il numero di vittime (63.000) registrato per lo stesso periodo dal progetto “Missing Migrants” dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni). Sono persone che lasciano il Nord Africa, da Libia e Tunisia, e che cercano di raggiungere l’Europa lungo la rotta del mediterraneo centrale.
Secondo un rapporto della stessa Organizzazione mondiale per le migrazioni è proprio l’annegamento la causa principale dei decessi che avvengono durante le migrazioni. Più di una persona su tre identificata proviene da Paesi in conflitto o in cui sono messe in discussione le libertà politiche e civili, tra cui Afghanistan, Myanmar, Tunisia, Libia, Marocco, Siria, Senegal, Repubblica araba siriana ed Etiopia. Ma – afferma ancora il rapporto – “per più dei due terzi di coloro la cui morte è stata documentata dal progetto l’identità non ha potuto essere stabilita “.
Famiglie intere che attraversano il deserto, e spesso ci muoiono, giovani spinti dalle loro madri a partire.
Donne ed uomini che sfuggono dalla fame, dalle guerre, da persecuzioni singole e collettive. Non si tratta di bestie ma di bambini, donne e uomini con il loro passato, le loro speranze, le loro aspirazioni, sogni e paure.
A questi bisogna aggiungere un numero imprecisato di annegamenti che non sono stati accertati o di cui non si ha notizia.
Ma la stampa, i politici, molti dei quali disprezzano i migranti, ci propinano sempre il numero di 30.000 vittime totali in mare, come ha fatto fa recentemente un’eurodeputata in cerca di notorietà.
Il gioco dei numeri non è neutro rispetto alle politiche anti immigrazione. Cela il trucco comunicativo di evitare l’indignazione. Non che 30.000 morti in mare non producano indignazione ma 65.000 farebbero riflettere quella fascia intermedia di opinione pubblica che, sempre schierata contro l’immigrazione, si pone l’interrogativo circa la tragedia in corso nel Mediterraneo.
L’inesattezza dei numeri facilita il compito di coloro che fanno politica contro l’immigrazione, cosa volete che siano 30.000 morti in trenta anni? E poi è colpa loro! La tracotanza di certa stampa non ha limiti e offende il sentimento di mestizia che di fronte alla morte hanno tutti, dico tutti i popoli del mondo, e serve a giustificare le politiche sempre più restrittive dei governi attuali.
Peraltro, il numero di 65.000 morti è ancora per difetto. Nel giugno 1985 partecipavo ad Atene, presso il ministero degli Affari esteri del governo greco, a un corso su “Analisi critica e sistemica della crisi economica mondiale nel rapporto nord/sud“, organizzato dallo stesso ministero e dalla Lelio Basso International Fundation. E già allora alcune delegazioni del Nord Africa discutevano, con molta circospezione, di disgrazie avvenute in mare nel Mediterraneo.
Nel novembre 1987, presso l’assessorato regionale all’Industria della Pesca, si svolgeva una trattativa fra i pescatori delle marinerie siciliane, in sciopero, e la Regione Sicilia circa le restrizioni del “fermo biologico”, il costo del carburante e la costante minaccia del sequestro dei pescherecci da parte dei libici.
Io rappresentavo il collegio di difesa dei pescatori, composto da avvocati e sindacalisti.
In una pausa dei lavori un anziano armatore/pescatore di Mazara del Vallo, che conoscevo da anni e da molti anni deceduto, sfogandosi con lo scrivente ebbe a dire: “I libici sequestrano i nostri pescherecci ma non fanno nulla per salvare vite umane in mare”.
Compresi subito che si era pentito dello sfogo poiché appresi dopo che i pescatori che tiravano sul peschereccio un cadavere venivano incriminati e veniva loro sequestrata la barca. La memoria della negazione della verità per noi è molto più antica di ciò che si vuol far credere.
Orbene, per quanto sopra descritto, ho motivo di ritenere che nel Mediterraneo giacciono oltre 90.000 corpi e questa è una insopportabile vergogna per la nostra dignità individuale e collettiva.
L’Italia e l’Europa considerano “carne da macello “ questi esseri umani. Ingenerando nell’immaginario collettivo la paura e il disprezzo. Lo stesso disprezzo che i meridionali subivano quando emigravano al nord.
Lo stesso disprezzo che ho visto con i miei occhi a Francoforte dove mi trovavo per ragioni di studio nel 1976. Nelle vetrine dei bar e dei ristoranti capeggiava la scritta “Für Hunde und Italiener ist der Zutritt verboten“: “Proibito l’ingresso ai cani e alle genti italiane”. Quindi anche quelli del Canton Ticino in Svizzera.
La classe politica italiana di destra alimenta a fini elettorali il sentir di pancia contro gli immigrati e tende a rinchiuderli come delinquenti nei Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri). Lo ribadisce anche un altro rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim) :“A decade of documenting migrant deaths”. Le misure prese in questi giorni dal governo tedesco, quelle messe in atto da anni da Orban in Ungheria e quelle che si annunciano con i “lager” costruiti con i soldi del governo italiano in Albania, dovrebbero far riflettere e mettere in moto le coscienze dei popoli europei, altro che proteste a Palermo il 18 Ottobre a sostegno di Salvini.
Anche perché le soluzioni civili a una situazione così grave esistono. Ne cito una molto vantaggiosa per il nostro Paese. Non vi è giorno che sulla stampa non appaiono annunci di acquisto a 1 euro di immobili abbandonati nei piccolo e medi borghi italiani. Un governo, degno di questo nome, organizzerebbe i flussi di migranti in sicurezza e con una struttura commissariale seria creerebbe una scuola di arti e mestieri, spariti dal panorama del lavoro in Italia, alloggiando i migranti nelle case disabitate.
Inoltre, per tutta l’estate abbiamo assistito alle lamentele dei ristoratori e degli addetti al turismo
sulla mancanza di manodopera. Intanto bisognerebbe pagare bene gli italiani e poi, dopo
opportuna formazione, potrebbe essere assunto personale non comunitario, senza che i
clienti manifestino fastidio. Il fastidio, che qualcuno esprime, se servito da una persona che definiamo di
colore, è meno significativo del non percepire fra qualche anno la pensione. Perché sono gli
oltre 600.000 contribuenti stranieri che finanziano i fondi pensioni dell’Inps.
E finiamola anche con la favola che i non comunitari delinquono. Certo che delinquono, come delinquono gli Italiani quando nel loro territorio non c’è lo Stato ma la mafia, la camorra, la n’drangheta, quando non vi sono occasioni di lavoro e l’unico “stipendio” lo fornisce la criminalità organizzata e da molti anni.
Quando ero giovane, sono stato animatore di una scuola per adulti alla Kalsa di Palermo e quando facevamo l’appello chedevamo: “Cosa fa tuo padre?”. La risposta unanime era: “Spaccia”. E da allora non è cambiato nulla, tranne il fatto che la buonanima di Padre Mario Frittitta, storico prete del quartiere, ci buttò fuori.
In ogni caso, I migranti che muoiono in mare sono bambini, donne e uomini con il loro passato, le loro speranze. E sull’immigrazione Italia ed Europa devono cambiare rotta.
Dott.Stefano Nicolosi
Consulente Giuridico d’impresa