MESSINA – “La nostra vita tra muffa, amianto, topi e umidità”. Destinata a suscitare polemiche sin dal titolo, la lista “Mai più baracche” è l’ottava presentata dal candidato a sindaco Federico Basile per Sicilia Vera. Un modo per rivendicare l’impegno di Cateno De Luca e della sua amministrazione, con polemiche annesse con il Movimento 5 Stelle e altre forze politiche.
Ma chi sono i suoi componenti, a parte il capolista Ismaele La Vardera, ex Iena televisiva e portavoce di Sicilia Vera? “Sono persone che hanno vissuto sulla loro pelle il problema e che sono state per troppo tempo in emergenza, vittime delle promesse della politica”, hanno sottolineato Basile e La Verdera. Ma le loro storie? Eccone tre.
Tra i candidati al Consiglio comunale di “Mai più baracche”, Angela Laganà (nella foto in evidenza) racconta la sua esperienza: “Io rappresento una storia nata nel 1976. Dall’ospedale alla baracca: mia madre mi ha portato subito lì, a Fondo Fucile. Sono nata il primo giugno del ’76 e, crescendo, ne ho viste di tutti i colori. La pioggia dalle lamiere, l’umidità, i topi: di tutto e di più. Per ogni elezione – rievoca la candidata – venivano i politici e promettevano di farci avere la casa. Ma questa casa chi l’ha data? Solo Cateno De Luca, con l’agenzia comunale per il risanamento e la riqualificazione: Arisme”.
Continua Angela Laganà: “Io non ci credevo ma De Luca ha fatto tanto per noi. Quando sono passati per il censimento, io ho commentato: «Siete come gli altri». Ho vissuto per 45 anni in baracca. Eravamo lì in quattro: io e i miei figli. Quando ho visto in tv l’ex sindaco combattere così tanto per l’emergenza abitativa, sono rimasta colpita da questa frase: «Dormirò in sacco a pelo all’esterno delle baracche di Fondo Fucile». Io sono andata al Comune, mi sono presentata – ricorda – e gli ho detto: «Signor sindaco, io sono una baraccata di Fondo Fucile. Mi comprerò pure io il sacco a pelo perché questa battaglia la dobbiamo combattere insieme. E deve finire». E così è stato”.
Ma dove vive adesso Angela Laganà? “In un alloggio dignitoso sempre a Fondo Fucile. Un’abitazione normale senza topi e muffa. Oggi vedo la differenza: io mi svegliavo con l’umidità e la puzza di muffa nei capelli, impregnata pure nei vestiti. I topi, poi, facevano parte della famiglia…”.
“Sostengo questa lista – aggiunge – perché ho avuto fiducia nel sindaco De Luca e ho fiducia nel futuro sindaco Basile. A chi ancora aspetta la casa e vive in condizioni simile alle nostre, dico di credere in queste persone. Avranno pure loro la casa”.
A sua volta, Sebastiano Di Dio, 18 anni, giovanissimo candidato di “Mai più baracche”, così si esprime: “Io non amo la politica. Però mi candido per fare conoscere la mia esperienza. Grazie a Cateno vivo in una casa dignitosa. Io abitavo in una baracca nella via Macello Vecchio, sotto l’arco di Cristo Re, e lì sono stato per quattordici anni. Sono nato lì, si può dire. Vivere in baracca significava convivere con il disagio. Nella mia stanza non potevo più dormire per via dell’umidità. Mia madre – spiega il diciottenne – ha vissuto quarant’anni nelle baracche”.
Sebastiano racconta: “In casa eravamo in tre fino al 2012, quando è nata mia sorella. Era una situazione insostenibile. Io mi vergognavo a far venire i miei amici. Temevo i loro pregiudizi. Adesso vivo in una casa popolare all’Annunziata, nelle palazzine consegnate il 23 febbraio 2019. Ora è tutta un’altra storia. Mi trovo benissimo. La zona è ben servita. Soprattutto non ho più – rivela Di Dio – la paura e la vergogna di subire pregiudizi. Frequento l’istituto alberghiero e sono in lista, alle amministrative, per dare speranza a chi ancora vive questo disagio. Tutti hanno diritto a un’abitazione dignitosa, come l’ho avuta io”.
Antonella Celano, 25 anni, si è trasferita invece solo da due mesi a Minissale, con il progetto Capacity, da Fondo Fucile: “Ho vissuto in baracca ben 25 anni. Avevo solo sei mesi quando i miei genitori la comprarono. Purtroppo mio padre, a causa del suo lavoro precario, non ha potuto mai fare un mutuo e mia madre è casalinga. Sono stati costretti a comprare la baracca e vivevamo lì in quattro, con mia sorella”.
Che cosa significa vivere in baracca per 25 anni? “Significa privarsi di tante cose. Significa privarsi di invitare un’amica quando si è piccoli, nel periodo della scuola elementare. Io ero invitata dai miei compagni ma non potevo mai ricambiare. Un po’ per la vergogna – mette in risalto la venticinquenne – perché non si sapeva che cosa potevano pensare. C’è spesso un pregiudizio su chi vive in baracca, considerato magari non una persona perbene. Ma non è così”.
Spiega Antonella Celano: “Vivevamo in condizioni precarie. Mio padre era costretto a fare spesso lavori di manutenzione. Saliva sui tetti e provvedeva alla pitturazione perché ogni sei mesi la muffa spuntava dalle mura. Come conseguenza, i problemi di salute non mancavano. Il tutto senza dimenticare l’amianto che, come è successo alle altre famiglie, abbiamo dovuto sopportare. Mia zia ha convissuto con l’amianto e la muffa per quarant’anni. Con i secchi, raccoglievamo l’acqua quando pioveva. Le estati erano roventi e si era costretti a stare più fuori che dentro”.
Ma perché si candida? “La candidatura nasce dalla mia esperienza personale – racconta la candidata – per trasmettere fiducia a chi ancora è in baracca. Voglio aiutare tutte le persone che, come me e i miei genitori, avevano perso la speranza e non ci credevano più. Io sono sicura che Basile porterà avanti il progetto avviato da De Luca”.
Ecco la lista: La Vardera Ismaele, Barrile Andrea, Buta Piera, Celano Gresia Antonella, Celona Angelo, Conti Roberta, Cuccio Giuseppe, Cucinotta Simona, Currò Rosario, Di Dio Sebastiano Pio, Di Mento Cristian, Ingemi Maurizio, La Spina Emanuel, Laganà Angela, Malta Margherita, Mangano Rigano Cettina, Marretta Gaetana detta Tania, Mondello Maria Tindara, Piccolo Rosario, Ragusi Daniela, Rizzo Carmela detta Melania, Saccà Ivan, Salvo Domenica, Savarese Salvatore, Seminara Grazia, Spadaro Mariangela, Tedesco Antonio, Trombetta Carmela, Urdì Rosaria, Vento Natalina, Zullo Gyada, Puglisi Nicola.