Di seguito la riflessione di Laura Giuffrida (LabDem) in merito alle vicende legate all’assessorato regionale ai Beni culturali affidato nei giorni scorsi al giornalista Alberto Samonà ed alle polemiche sulle dichiarazioni di Musumeci.
Azzerando ogni complessità ed ogni retro pensiero legato a quelle complesse ideologie novecentesche che sembrano non andare piu’ di moda e’ oggi necessario ed opportuno replicare, in maniera semplice e quasi trasversale, a quanto riportato dal governatore Musumeci in una sua ultima intervista relativa alle polemiche legate alla nomina di un esponente siciliano della Lega come assessore ai Beni culturali delll’isola; questa breve nota non fa riferimento alla suddetta scelta quanto piuttosto ai modi utilizzati dal governatore per difenderne la determinazione.
Le espressioni usate da Musumeci riportano alla mente quanto scriveva anni fa V. Foa profondamente colpito dal degrado del linguaggio politico negli anni del berlusconismo al potere : “…forse il degrado politico e delle sue parole sta proprio nell’agire pensando di essere soli o nel pensare solo a se stessi..” , quel degrado non era evidentemente solo un fenomeno passeggero purtroppo.
Un uomo delle istituzioni dovrebbe considerarsi come il legittimo rappresentante di TUTTi i cittadini del territorio che egli e’ chiamato ad amministrare, non solo di una parte di essi o peggio dei propri interessi di partito; un uomo delle istituzioni dovrebbe considerarsi come il custode di una democrazia intesa come potere partecipativo e relazionale di una comunità di cittadini che orizzontalmente condividono TUTTI uno spazio comune attraverso il dialogo, il confronto ( anche acceso), la fatica del dibattito, la critica che nasce naturalmente da un sentire diverso ma che deve essere sempre di diritto legittimato in uno spazio democratico condiviso; un uomo delle istituzioni dovrebbe anzi considerare la critica come il sale della democrazia e giammai come un qualcosa inteso “ a sequestrare la democrazia “.
Risultano davvero offensive per circa 60.000, e sicuramente piu’, cittadini siciliani le espressioni del governatore Musumeci che ci dipingono come “ gruppi di poveretti con problemi personali o familiari “, persone non per bene laddove invece “ le persone per bene rimangono a casa” e quindi, verosimilmente, tacciono educatamente; sono parole pesanti, parole anche inquietanti poichè suonano quasi come un invito alla deresponsabilizzazione e ad una “educata”, domestica indifferenza , parole alle quali e’ quindi necessario ribattere ribadendo che l’indifferenza e’ invece solo una fuga dal dovere civico dell’impegno , una fuga dal dovere civico di praticare quell’articolo 21 della nostra Costituzione che da’ a TUTTI il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con le parole, lo scritto ed ogni mezzo di diffusione.
Esiste un nesso necessario ed inscindibile tra le parole, il linguaggio e la politica e la storia ce lo insegna; A. Harendt riteneva anzi che la dimensione della narrativa costituisse uno dei prerequisiti essenziali per un autentico agire politico. Che pagina triste ha scritto oggi con la sua narrativa un governatore che Il Sole 24 ore riportava già all’ultimo posto nell’indice di gradimento tra i governatori regionali in Italia per il 2019 ; le parole di oggi scavano ancora più profondamente un solco che gia ’ era evidentemente segnato. S i può forse sperare che questa caduta di stile sia magari conseguenza della fragilità del momento che viviamo oppure, più realisticamente, dobbiamo ritenere che se è vero che lo spirito critico è il sale della democrazia come Cristo si fermò ad Eboli così la democrazia oggi si ferma sulla sponda calabra dello Stretto di Messina, ridotta forse a pura teoria senza effettivo diritto di pratica .
Laura Giuffrida- Lab Dem