Il silenzio della chiesa è rotto solo dalle note del “Silenzio” intonato dalla tromba. L’ultimo saluto al Caporal Maggiore Francesco Currò non si è celebrato solo all’interno della Cattedrale. Oltre la soglia le lacrime si confondono alla pioggia, il cielo è cupo; le nuvole, cariche di dolore, sembrano “sussurrare” quanto il parroco di Cumia, Giovanni Di Stefano, ha appena pronunziato dall’altare: «Ciao Francesco. Arrivederci in cielo». Proprio così, nessun addio, solo un arrivederci. Gli applausi, profondi, che accompagnano l’uscita del feretro avvolto nel tricolore e pronto ad essere “abbracciato” dalla piazza, valgono più delle mille parole che si potrebbero spendere. Così come lo sono gli occhi, rossi per il pianto, dei sei angeli dal berretto azzurro che a spalla portano fuori la cassa. Una commozione frutto del dolore per la perdita non di «un semplice collega, ma di un compagno di viaggio sui cui tutti facevamo affidamento per via della grande professionalità che lo ha sempre contraddistinto durante la sua strada. Una strada che oggi, come un’aquila, lo ha portato a volare alto in cielo», ha affermato al termine della cerimonia il sottotenente Francesco Di Tolla, che a nome di tutti i colleghi ha rivolto a Francesco l’arrivederci.
Centinaia le persone, semplici cittadini, uomini in divisa, amici, che hanno preso parte al rito funebre celebrato dall’Arcivescovo di Messina Mons. La Piana. Parole dure, ma al tempo stessa cariche di speranze quelle pronunciate del presule nel corso dell’omelia: «Quanto accaduto a Francesco, sebbene frutto di uno sfortunato incidente, rappresentata il rischio al quale sono esposti tanti giovani che per costruirsi una posizione scoiale sono costretti ad abbandonare la loro casa, la loro terra, alla ricerca di un futuro migliore, che spesso, però, porta con sé grandi pericoli. Ecco perché il tuo sacrificio, caro Francesco – afferma La Piana – non deve rimanere vano, ma deve contribuire al miglioramento della nostra terra, sollecitando quanti sono chiamati ad impegnarsi affinché i giovani abbiano un’opportunità. Il bisogno che spinge nostri giovani a lasciare casa, si riflette in quello che avviene per i tanti fratelli migranti che sono qui in mezzo a noi e che questa nostra Chiesa di Messina è capace di accogliere ed aiutare». Ben preciso il messaggio lanciato dall’Arcivescovo rispetto alla necessità di fermarsi a riflettere «sulla reale utilità di queste missioni e su quelli che sono i rinforzi da dover eventualmente dare ai ragazzi esposti a continui rischi».
I familiari di Francesco ascoltano le parole di La Piana in un composto e dignitoso dolore: osservano la bara, piangono, si stringono, si abbracciano, con lo stesso coraggio mostrato in terra afghana da quel figlio, da quel fratello, da quell’amico. E si danno forza anche mentre accompagnano la bara lungo il corridoio della navata centrale: tutto intorno centinai di mani alzate nell’inconfondibile segno di saluto degli uomini in divisa e centinaia di magliette bianche, indossate dai compaesani del Caporal Maggiore con su impressa la frase che ciascuno, a voce alta o nel silenzio del proprio cuore, avrà pronunciato uscendo dalla Cattedrale o allontanandosi dalla piazza: «Sarai sempre nei nostri cuore, ciao Francesco». (ELENA DE PASQUALE)
(NELLA PHOTOGALLERY DI DINO STURIALE IL TRASFERIMENTO DAL COMUNE ALLA CATTEDRALE E LA CERIMONIA FUNEBRE)