MESSINA – La necessità di cambiare la legge sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose, estendendoli ad altri enti e non soltanto ai comuni come oggi previsto, l’accorciamento dei tempi di applicazione del regime di carcere duro ai mafiosi, l’urgenza di incrementare gli organici della Procura e del Tribunale, le difficoltà di tenere viva la coscienza antimafia nella società civile e di portare avanti le realtà dell’associazionismo.
Ma anche le più recenti criticità segnalate sui grandi centri di spesa pubblica come l’Università e il Consorzio Autostrade, soprattutto sulla scorta dei rilievi mossi dall’Autority per l’Anticorruzione, e gli investimenti della borghesia mafiosa tra Barcellona e Milazzo.
Sono questi i temi principali emersi dalla tappa messinese della Commissione nazionale antimafia a Messina che ieri, a ranghi quasi completi, dopo aver sentito i vertici delle forze dell’Ordine, han ascoltato il procuratore antimafia Maurizio De Lucia e i sostituti della Direzione distrettuale antimafia Vito Di Giorgio, Liliana Todaro e Fabrizio Monaco, con l’obiettivo di “tastare il polso” alla città ed alla provincia, sotto il profilo della lotta alla criminalità e alla mafia in tutte le sue forme.
Proprio nel confronto con De Lucia è venuto fuori lo spunto, più volte riproposto dal senatore Morra, dell’estensione della legge sullo scioglimento degli enti per infiltrazioni criminali. Uno strumento che il capo della procura messinese ritiene utile alla lotta alla mafia.
De Lucia ha poi sottolineato il problema dei ritardi nell’applicazione del regime del 41 bis agli esponenti criminali. Dalla richiesta al Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria all’applicazione, ha spiegato il procuratore capo, passa molte volte anche un anno, un tempo troppo lungo che lascia ampie maglie ai mafiosi per riorganizzarsi. Un problema che non è solo della Procura messinese ovviamente, ma con cui si scontrano molti uffici investigativi.
La Commissione ha poi particolarmente gradito l’incontro col presidente facente funzioni di Corte d’Appello Sebastiano Neri, apprezzando il suo attaccamento alla “toga”, dimostrato dai numeri del suo lavoro.
Se la magistratura e le forze dell’Ordine ci sono e fanno la loro parte, malgrado le difficoltà, fatica invece la coscienza antimafia nella società civile. Nell’opinione pubblica, nella vita dell’associazionismo, i temi dell’antiracket e la lotta alla criminalità in generale sembrano faticare ad emergere, una fiammella sempre più labile anche nell’opinione pubblica.
Lo ha detto Tano Grasso, che raccontando la sua esperienza da presidente onorario della Federazione antiracket ha spiegato come le esigue risorse economiche non consentono di effettuare tutte quelle attività necessarie ad “animare” il movimentismo antimafia, e si fa fatica a raccogliere, supportare e portare avanti le denunce delle vittime di mafia, che comunque negli ultimi anni a Messina non sono mancate.
Lo stesso cenno al fatto che gli spunti investigativi e le indagini non hanno trovato adeguata eco, sia nella politica che nella società civile, è arrivata dall’audizione dei giornalisti, effettuata a tarda serata. Soltanto una parte degli interventi è stato secretato dalla Commissione, che ha concluso i lavori ch’era già buio da un pezzo, fuori da Palazzo del Governo.
I componenti dell’organismo guidato dal senatore Morra sono poi ripartiti alla volta di Catania, dove oggi hanno davanti un’altra intensa giornata di testimonianze.