Casa Serena non chiude. Almeno per ora. In queste ore si lavora di lima e di cuore per trovare una soluzione tampone. Si lavora in prefettura, in raccordo con i sindacati, il commissario, per far conciliare le ragioni della solidarietà con quelle delle burocrazia. Ma almeno il peggio è passato. Casa Serena il 31 dicembre non sarà chiusa, gli anziani non saranno costretti a vivere il peggior Capodanno dell’ultima pagina della loro vita.
Mai avremmo pensato di dover vedere immagini come quelle di ieri, con i dipendenti della cooperativa pronti a buttarsi dal terrazzo. Mai avremmo pensato di dover assistere ad una disperazione che non trova più speranze né spiragli di luce.
Una volta si chiamava Casa Serena e serena lo era davvero, nonostante qualche spiffero o qualche piccola crepa sul muro, nonostante i parenti lontani che venivano a visitare i loro anziani genitori solo ogni tanto. Si chiamava Casa Serena, adesso è tutto, tranne che “serena”. Il fulmine si è scagliato forte contro un luogo amatissimo da chi ci abita e da chi ci lavora. E dopo il fulmine, dopo l’annuncio della chiusura irrevocabile della struttura dal 31 dicembre, perché non in regola con la normativa di sicurezza e antincendio, la disperazione è esplosa. Per i vecchietti si prefigurava una diaspora tra le case di riposo della provincia, per i lavoratori il licenziamento. Così è esplosa la disperazione, fatta delle lacrime degli anziani che da 15, 20 anni tra quelle mura hanno trovato una famiglia e della rabbia di chi da 15, 20 anni lavora e fa assistenza e in questi ultimi mesi si è persino improvvisato pittore per ridipingere le pareti, sistemare le crepe ed era pronto a raddoppiare i turni al fianco degli assistiti e garantire quel presidio richiesto.
Mai avremmo pensato di dover vedere questi lavoratori, Antonio Rodio, Giuseppe Stella e Gianfranco Traina, disperati, sentirsi impotenti davanti alla logica della burocrazia e minacciare di buttarsi giù dalla terrazza, perché improvvisamente non hanno più visto un “domani” per loro, nonostante tutti gli sforzi fatti finora per scongiurare la chiusura della casa di riposo. Fa riflettere come in una città dove il rispetto delle regole è pura fantasia lo si pretenda solo ed esclusivamente in un luogo divenuto “famiglia”, dove gli anziani si sentono molto più sicuri che in qualsiasi altra parte del mondo, in barba alle porte anti-incendio. E’ come se quel piccolo nido abbarbicato sulla collina di Montepiselli fosse divenuto il luogo-simbolo delle cose che non vanno, e dal quale iniziare il rinnovamento. Per fortuna lo spiraglio si è trovato. Già ieri il confronto aveva portato ad individuare una strada da percorrere. Questa mattina i sindacalisti dell’OrSa Francesca Fusco e Michele Barresi, hanno avuto un nuovo incontro con il prefetto vicario Romano, per continuare a trovare una soluzione tampone. Il prefetto sin dai primi incontri ha dimostrato di voler intervenire in modo chiaro e rapido. Il problema però non è solo quello relativo ai lavori, perché Croce nei giorni scorsi non si era detto favorevole a mantenere gli anziani nella struttura durante i lavori, magari spostandoli da un’ala all’altra della casa. Sembra però che sia possibile, di concerto col commissario, trovare la soluzione che eviti il trasloco e scongiuri quindi la chiusura attraverso una proroga. Del resto le somme per gli interventi da fare, dalle scale antincendio alle porte rompi fuoco saranno disponibili non appena il consiglio comunale, lunedì, varerà il bilancio. Sempre lunedì, ma in prefettura, ci sarà l’incontro con Croce e il dirigente del settore e successivamente, alle 13, con i sindacati. L’orientamento generale è quello di riuscire a far subito quei lavori già appaltati che inizieranno il 3 gennaio e che riguardano la messa a norma dell’impianto antincendio e poi si potrà procedere con il resto.
Intanto la bella notizia è che il 1 gennaio i vecchietti di Casa Serena si sveglieranno a casa loro, con i loro affetti vicini, i loro assistenti, i loro oggetti sul comodino e sempre le stesse mura intorno, come accade in tutte le famiglie.
La vicenda non è chiusa, ma a margine c’è una riflessione su alcune assenze. Me l’ha fatto notare un lettore di Tempostretto, in occasione del pranzo che i consiglieri comunali hanno organizzato alla vigilia di Natale a Casa Serena. In quelle ore l’arcivescovo monsignor La Piana, ha inviato il suo discorso alla città nel periodo peggiore mai attraversato dai messinesi. Non mi riferisco al solo arcivescovo, e non è solo la mancanza di parole per Casa Serena che colpisce, anche se è doveroso ricordare che in quella struttura vivono le nostre radici, la nostra storia, i nostri genitori, quelli che hanno fatto sì che Messina sia oggi quella che è, quindi meriterebbero l’omaggio e l’attenzione di tutti. Se rendiamo omaggio ai marinai russi che prestarono soccorso nel 1908 a maggior ragione dobbiamo farlo per chi ci ha allattato e ora è relegato lì. Le parole, in ogni caso, ci sono casi in cui non bastano più. La carità è fatta anche di gesti concreti. Esisteranno immobili, locali, a disposizione della Chiesa, come il Seminario arcivescovile, ad esempio, che anche temporaneamente, potevano esser culla e riparo per gli “sfrattati”? Ha ragione il nostro lettore, ci sono state molte assenze in queste settimane di lacrime e non solo da parte della Chiesa ma anche di altre Istituzioni. Se davvero il Natale ha ancora un senso, duemila anni dopo, allora deve essere proprio quello del gesto dei Rei Magi e dei pastori, che è quello di recarsi là dove è il dolore e portare i propri doni, siano essi un pezzo di pane piuttosto che oro, argento e mirra. Il gesto del recarsi a prestar conforto e del donare quel poco che si ha è il più alto esempio del vero ed unico Natale. Altrimenti sono solo parole. Bellissime, altisonanti, ma sempre parole.
Rosaria Brancato