Oggi pomeriggio, dalle ore 17 alle ore 19 si terrà un sit in davanti alla Prefettura di Messina. A protestare saranno tutti i lavoratori del gruppo Poste Spa di Messina e Provincia. L’iniziativa, che si svolgerà in contemporanea in tutti e nove i capoluoghi di provincia siciliani, è stata organizzata unitariamente dalle organizzazioni sindacali di categoria e mira sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi della paventata svendita di Poste Italiane.
“Il gruppo Poste Italiane con i suoi 140.000 lavoratori – si legge nel comunicato incitao dai sindacati – rappresenta la più grande azienda italiana erogatrice di servizi, anche in funzione della caratteristica sociale degli stessi. Questa connotazione costituisce la centralità della sua “mission”, a garanzia dello sviluppo del sistema paese, dove si interconnettono le relazioni con il sistema produttivo, la Pubblica Amministrazione ed i cittadini”.
“Il 16 maggio 2014 – continua il documento – il Consiglio dei Ministri stabiliva di privatizzare e mettere sul mercato il 40% delle azioni di Poste in mano al Tesoro, prendendo comunque solenne impegno a non procedere con ulteriori cessioni per mantenere il controllo pubblico dell’Azienda. Invece, in barba alla promessa, il Governo lo scorso 31 maggio ha deciso di mettere sul mercato un’ulteriore trance di azioni, riducendo così al 35% la quota azionaria in possesso al soggetto pubblico che potrà realizzarsi anche tenuto conto della quota posseduta da Cassa Depositi e Prestiti. Qui si pone un palese conflitto di interesse con le fondazioni bancarie, interessatissime dallo spacchettamento di Poste che posseggono il 20 % di CC.DD.PP.; questo la dice lunga sui reali motivi che spingono il governo a fare l’ennesimo regalo ai poteri forti di questo paese”.
Secondo SLC-CGIL, SLP-CISL , UIL-POSTE, FAILP-CISAL, CONSAL COM e UGL COM “Poste è usata come “tesoretto” dal Governo, dimenticando che è un’Azienda incaricata di assicurare il servizio universale di recapito delle corrispondenza, che produce utili e distribuisce dividendi ai propri azionisti, oltre ad essere un volano fondamentale per lo sviluppo ed il futuro del nostro paese”.
“In tale ambito, l’obiettivo risibile di risanare il debito pubblico (si tratta di valori di pochi decimali !!!!!), svendendo Poste – continuano i sindacati – rischia di mettere in discussione la tenuta dei livelli occupazionali in una società già attraversata da una persistente crisi economica. Per non parlare dei servizi sociali che Poste svolge e che inevitabilmente saranno penalizzati a fronte di altri molto più remunerativi. In tema di economicità tra l’altro, la vendita della ulteriore tranche di azioni si sostanzierà in una perdita secca per il Ministero della Economia e delle Finanze, di dividendi che per il solo 2015 è stato già quantificato in circa 157 milioni di euro”.
“Noi – concludono i sindacati – non vogliamo e non possiamo permettere la svendita di Poste Italiane e, tantomeno, sacrificare sull’altare del profitto il futuro occupazionale di 140.000 lavoratori unitamente alle ripercussioni, che questo porterebbe, nei confronti dei cittadini appartenenti alle fasce sociali più deboli”.