C’è una sconfitta peggiore di quella della nazionale italiana di calcio agli europei. Una sconfitta che ha radici antiche e pochi anticorpi. I morti sul lavoro non cessano di rappresentare una vergogna per l’Italia. I dati Inail e dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega registrano, nei primi cinque mesi del 2024, 369 vittime sul lavoro, 11 morti in più rispetto al 2023 (più 3,1%). 286 le vittime sul luogo di lavoro e 83 quelle che muoiono in una fase successiva, in seguito alle ferite, come conseguenza dell’infortunio mentre si lavora.
Nell’infausta “zona rossa” delle regioni con più vittime nei luoghi di lavoro si trovano Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Umbria, Campania, Emilia Romagna, Sicilia e Puglia. Sia il nord, sia il sud, insomma. E in Sicilia come contrastiamo il fenomeno? Allo stato attuale, ricorda Francesco Lucchesi, della segreteria regionale della Cgil, “ci sono 49 ispettori del lavoro nell’isola, più 29 a tempo determinato mandati dall’Inail fino al 31 dicembre. A Messina sono dieci gli ispettori del lavoro, più 4 inviati sempre dall’Inail e a tempo determinato”.
In realtà, evidenzia Lucchesi “il minimo di ispettori del lavoro in Sicilia, in base a un criterio stabilito dalla stessa Regione siciliana nel documento del fabbisogno del personale di alcuni anni fa, parlava della necessità di 256 unità di ispettori del lavoro. Per il territorio messinese altro che 14, ad esempio. Dovrebbero essere almeno una cinquantina”.
A sua volta, ha sottolineato più volte Ivan Tripodi, segretario generale della Uil di Messina: “Superata l’indignazione, che dura qualche ora o qualche giorno fino ai funerali delle vittime, poi tutto torna come prima. 1040 sono i morti ufficiali dichiarati dall’Inail per il 2023 in Italia. 12 morti nel Messinese (e nel 2024 un operaio di 41 anni è morto lo scorso 7 febbraio, n.d.r.). Come ricorda il segretario nazionale Bombardieri, è stato introdotto l’omicidio nautico e, in quell’ambito, sono avvenute 15 morti negli ultimi 20 anni. Sempre troppe ma non paragonabili alle morti sul lavoro. Solo pannicelli caldi, dichiarazioni, chiacchiere e nulla di più”.
Da parte sua, ha evidenziato più volte il segretario generale della Cisl Messina, Antonino Alibrandi: “Il governo riallacci il confronto con il sindacato per costruire insieme alle associazioni datoriali una strategia nazionale all’altezza della sfida che abbiamo davanti. Significa più controlli, più ispezioni e più ispettori sul territorio, più risorse e interventi concreti, banche dati incrociate, rating sociale per le imprese, con una patente a punti che premi le realtà virtuose. E poi un grande investimento sulla prevenzione, formazione e una stretta su sanzioni e repressione”.
“Dobbiamo promuovere la cultura della sicurezza – propone il segretario della Cisl Messina -, introducendo la materia già nelle scuole dell’obbligo e garantire strumenti di partecipazione più forti, che diano alle rappresentanze dei lavoratori potere e protagonismo nelle scelte delle aziende, in modo da monitorare il rispetto delle norme. Senza sicurezza non c’è dignità del lavoro né possibilità di ripresa”.
Con questi numeri, ci sono aziende che subirebbero controlli ogni 17-20 anni, è stato calcolato. A livello nazionale ha avuto grande eco il dramma dell’operaio agricolo Satnam Singh, 31 anni. Caricato su un furgoncino e scaricato davanti a casa, all’arrivo dei carabinieri il braccio era appoggiato su una cassetta per gli ortaggi. Trasportato all’ospedale San Camillo di Roma, è morto per la perdita di sangue e la gravità delle ferite riportate (fonte “Domani”). Un’occasione tragica per valutare quanto “vale” la vita di una persona.
Ma l’indignazione deve trasformarsi in progetto politico. Il tutto al di là dell’invito emblematico in romanesco della presidente Meloni (“Ragà, alzatevi pure voi”) a Salvini e Tajani quando alle Camere si è parlato di capolarato e del bracciante indiano, ennesima vittima dello sfruttamento sul lavoro. Quanto “vale” una vita? Per tanti “padroni” e “padroncini”, nel sonno della politica, davvero poco.
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