La Corte dei conti in tempi brevi ha dato il parere che segna le sorti di Messina servizi Bene Comune dopo il fallimento di Messinambiente. La partecipata, in base alla legge Madia, segue la strada di Messinambiente e va liquidata. Nel contempo il Comune è obbligato dalla legge ad aprire ai privati nella gestione rifiuti per i prossimi 5 anni.
“Nel giro di massimo due anni il servizio passerà al gestore privato a seguito di gara Europea- commenta De Luca– Questa è la conferma che il sistema di scatole cinesi tra Messina ambiente – ATO 3 – Messina servizi bene comune era una forma criminogena per occultare il fallimento di un servizio strategico per la comunità”.
Era stata l’amministrazione a chiedere alla Corte dei Conti di pronunciarsi in mento alla corretta interpretazione della Legge Madia, con particolare riferimento al profilo del mantenimento delle partecipazioni nelle società di nuova costituzione, affidatarie degli stessi servizi di quelle sottoposte a fallimento.
Messina servizi Bene comune è nata il 13 febbraio 2017, come società per azioni in house partecipata al cento per cento, per la gestione dei servizi di spezzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti. Il contratto di servizio novennale è stato sottoscritto il 27 luglio 2017.
Successivamente, con la sentenza del Tribunale di Messina del 14 novembre 2018, è stato dichiarato II fallimento della società in house Messinambiente. partecipata nella misura del 99,01 per cento, alla quale erano precedentemente affidati gli stessi servizi oggi gestiti da MSBC.
Il Sindaco ha chiesto se iI comma 6 dell'art. 14 del decreto legislativo sia applicabile al Comune di Messina, nella parte in cui impone “il divieto dell'amministrazione pubblica di mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita", con riferimento a MSBC che gestisce gli stessi servizi di Messinambiente e sempre con il Comune al 100%.
“Nel merito – si legge nel parere emesso dalla Corte dei conti il 21 dicembre, presidente Luciana Savagnone, relatore Giuseppe Di Pietro- si rileva che ricorrono indubbiamente i presupposti previsti dalla Legge Madia in quanto società di nuova costituzione alla quale sono stati affidati gli stessi servizi della società dichiarata fallita”.
In base alla Legge Madia nei 5 anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società né acquisire o mantenere partecipazioni in società qualora queste gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.
La norma si colloca alt interno della disciplina più generale delle crisi d’impresa delle società a partecipazione pubblica e, in relazione alla fase successiva al monitoraggio ed alla prevenzione delle crisi prevede l'obbligo per l'ente di ricorrere al mercato, una volta che si sia verificato il fallimento dell'intervento pubblico, inibendo la possibilità stessa di costituire o mantenere partecipazioni societarie operanti nell'ambito degli stessi settori di attività..
Il divieto opera in modo perentorio e impone all'amministrazione di dismettere la veste di imprenditore pubblico e di procedere all'esternalizzazione del servizio in conseguenza dell'insuccesso della formula societaria quale modulo di intervento diretto, comprovato dalla dichiarazione dello stato di insolvenza del soggetto partecipato. Il fallimento dell'intervento pubblico viene sanzionato con l'obbligo di ricorrere al mercato.
L'amministrazione pubblica non potrà più assumere (almeno per cinque anni) l’ organizzazione e la gestione del servizio attraverso la partecipazione a una società in home ossia suscettibile di un controllo analogo a quello svolto nei confronti dei propri organi interni). Dovrà, pertanto, ricorrere al mercato, avendo cura di esercitare le imprescindibili istanze di governance, ossia di coltivare gli interessi pubblici sottesi al servizio esternalizzato attraverso l’esercizio del controllo contrattuale sull'attività affidata e sul servizio erogato dal soggetto esterno affidatario.
Un parere chiarissimo che ribadisce quanto già espresso dal segretario generale di Messina Rossana Carrubba (leggi qui) e che di fatto sancisce la fine di Messina servizi bene comune trascinata nel fallimento dalla “mamma”, cioè Messinambiente e destinata alla liquidazione
"Il provvedimento della Corte dei Conti conferma che si è occultato il fallimento di Messina ambiente con la connivenza di tutti gli attori politici e sindacali a discapito della città e dei lavoratori- ha proseguito il sindaco De Luca- Desidero tranquillizzare i lavoratori di Messina servizi sul loro futuro: nessuno perdere il posto di lavoro ed è’ necessario fare di tutto e di più per raggiungere gli obiettivi prefissati dalle norme che disciplinano la raccolta differenziata. Abbiamo subito tanti colpi bassi non ultimo quello di certe organizzazioni sindacali che, in combutta con chi ha incassato parcelle per centinaia di migliaia di euro per creare questo sistema criminogeno di scatole cinesi, hanno disseminato odio e falsità utilizzando anche la voce dell’ex direttore generale di MSBC”.
Rosaria Brancato