A prendere carta e penna ed a firmare un appello per salvare l’ospedale Piemonte sono 101 tra medici, infermieri e dipendenti della struttura, che hanno deciso di rivolgersi al Ministro della salute Beatrice Lorenzin e al prefetto Stefano Trotta.
Di seguito il testo.
“Abbiamo deciso di rivolgerci direttamente al Ministro Lorenzin – spiegano i firmatari – visto gli inutili appelli ripetutisi nel tempo da parte forze di sociali e comitati all’Assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, e caduti nel vuoto. Riteniamo che la scelta scellerata della chiusura dell’Ospedale Piemonte costituisca un pericolo per la sicurezza della vasta utenza del bacino di riferimento: dolorosi fatti di cronaca testimoniano come l’inefficienza delle strutture possano avere conseguenze irrimediabili per la salute della cittadinanza. Per questo, chiediamo al Ministro Lorenzin di intervenire presso la Regione Siciliana, affinché si riconosca l’essenzialità dell’Ospedale Piemonte, strategico per l’emergenza-urgenza, sia nella quotidianità che in caso di calamità, quale punto di riferimento di Protezione Civile, come attestato anche dalla recente lettera del Capo Nazionale del Dipartimento, il Prefetto Gabrielli. Il Piemonte – si legge nella lettera – assume, così, sempre di più, l'aspetto di agnello sacrificale, in barba ai milioni di euro spesi per ristrutturarlo e per attrezzarlo (utilizzando – che beffa! -, anche i soldi ricavati dalla vendita del patrimonio immobiliare dell’ospedale)”.
Un ulteriore dispendio di risorse finanziarie sarebbe provocato dal trasferimento dei reparti all’Ospedale Papardo oltre che dalla dismissione delle relative attrezzature.
Riguardo al riferimento al Decreto Balduzzi, si evidenzia come le due strutture della medesima Azienda Papardo-Piemonte non siano sovrapponibili, in quanto “due ospedali distinti e separati, localizzati a 12 chilometri l'uno dall'altro, inadeguatamente collegati, non solo per la distanza ma in virtù di una viabilità problematica e, soprattutto, ciascuno con un proprio bacino d' utenza”.
Sull’indispensabilità del Pronto Soccorso del Piemonte, anche rispetto al Policlinico, si evidenzia come quest’ultimo sia già abbastanza impegnato nel servire l’utenza della zona sud. C’è poi da considerare un altro importante aspetto: “E’ anche giusto che i cittadini sappiano che al Pronto Soccorso del Policlinico esiste soltanto una sala attrezzata per i codici rossi e che non vi sono le risorse né strutturali né di personale per trattare due codici rossi contemporaneamente, per cui un secondo paziente, in condizioni critiche, oggi, viene trasportato al Piemonte”.
Di conseguenza, sono ben evidenti i rischi che si correrebbero con la chiusura del Pronto Soccorso del Piemonte, dove i pazienti, anche se necessitano di trasferimento al Papardo, qui vengono stabilizzati.
Un altro punto riguarda il reparto di Ostetricia e Ginecologia: “La normativa prevede la chiusura dei punti nascita con meno di 1000 parti annui. Coerentemente con quest’indirizzo, si era chiusa l’Ostetricia del Papardo (che ne totalizzava circa 500), accorpandola a quella del Piemonte (che rispondeva, invece, da sola, per volumi di attività ai requisiti di legge) lasciando, però, improvvidamente sguarnita la zona nord della città. L’inversione di ruoli, e cioè la chiusura dell’Ostetricia del Piemonte e la riapertura di quella del Papardo, è, evidentemente, una scommessa, venata anche di una certa dose di ottimismo, perché non è detto che l’utenza del centro città, territorio con una maggiore densità di popolazione, trasmigrerà magicamente al Papardo”.
Insomma, il pericolo sarebbe quello di assistere in poco tempo pure alla chiusura del Punto nascita del Papardo.
Infine, le conclusioni tratte dai firmatari circa il destino dell’Ospedale Piemonte: “Mentre scriviamo, i giochi sembrano essere fatti. Dopo teatrini e voltafaccia, l’accorpamento di Piemonte e Neurolesi, autentico capolavoro della diplomazia messinese, celebrato con goliardici autoritratti e ridicole proposte di cittadinanza onoraria, spacciato per manovra di salvataggio dello storico nosocomio, si è rivelato per quello che è realmente: la chiusura di un ospedale e la concessione dei suoi locali all’IRCSS Centro Neurolesi, per farne una succursale cittadina del centro di riabilitazione”.